Ha dell’incredibile la nostra capacità di perderci a volte in un bicchiere d’acqua. Anzi, nel caso delle percentuali di alunni stranieri in rapporto a quelli italiani, nel bicchiere d’acqua rischiamo di affogare. Le polemiche sono scoppiate dopo che il sindaco di Monfalcone, Anna Maria Cisint, ha siglato una convenzione con due istituti comprensivi per mantenere la quota di alunni stranieri al di sotto del 45%.
Come spesso accade, ecco pronti due schieramenti contrapposti, con il solo risultato che, a chi ha parlato di discriminazione inaccettabile, ha fatto da controcanto chi plaudeva in maniera incondizionata alla scelta dell’amministratore leghista.
Sarebbe a questo punto utile chiedersi se il problema sia reale e come possa essere affrontato. Per rispondere al primo quesito futilizziamo i dati del ministero dell’Istruzione, aggiornati all’anno scolastico 2016/2017: in regione, a fronte di oltre 145 mila alunni suddivisi in 167 istituti scolastici (1.191 scuole), risultavano iscritti 19.047 minori con cittadinanza non italiana, dei quali 7.173 nella scuola primaria. In percentuale sono le scuole dell’infanzia a registrare la presenza maggiore con 14,1 stranieri ogni 100. La maggioranza proviene da Romania (2,3%), Albania (2,4%), Ucraina (2,2%) e India (1,8%). La concentrazione più elevata si registra a Monfalcone, con 26,6 alunni ogni 100; a Udine sono 16,7, a Pordenone 15,3, a Trieste 11,3. Non parrebbero dati particolarmente significativi, non fosse che la loro concentrazione varia di molto. Ecco perché in 52 scuole la loro percentuale supera il 40%, (sono 48 quelle dove la percentuale è tra il 30 e il 40%), mentre sono 135 quelle totalmente prive di stranieri.
Dunque qualche problema c’è, per il semplice motivo che dove la percentuale di alunni è molto elevata, gli insegnanti devono comunque tenere conto delle difficoltà di apprendimento legate soprattutto alla lingua.
Pareri contrapposti sulla soluzione da adottare e tante polemiche
Più complicato rispondere alla seconda domanda, ovvero come affrontare la questione. C’è chi parla apertamente di violazione della Costituzione o di discriminazione (secondo la Flc-Cgil che ha presentato un esposto alla Procura di Gorizia sull’accordo di programma siglato dall’amministrazione monfalconese “non parla di inclusione e integrazione, bensì esclude i bambini”) e chi, al contrario, invoca limiti precisi. Sbaglia tuttavia chi immagina che della seconda schiera facciano parte esclusivamente esponenti del fronte conservatore.
La Stessa percentuale è stata indicata da ministri di schieramento opposto
Il problema è tutt’altro che nuovo. Una prima indicazione risale alle linee guida del Ministero guidato nel 2010 da Mariasella Gelmini (Fi), nelle quali si indica come ottimale una percentuale non superiore al 30% di alunni stranieri per ogni classe. Passano 4 anni e sotto l’allora ministra Maria Chiara Carrozza (Partito democratico) sono pubblicate nuove linee guida, ancora più specifiche in materia; oltre a confermare tale percentuale, ritengono “proficua un’equilibrata distribuzione delle iscrizioni attraverso un’intesa tra scuole… e una collaborazione mirata con gli enti locali”.
Ovvero, l’amministrazione comunale monfalconese ha rispettato le linee guida ministeriali, per altro approvate senza battere ciglio da chi ora contesta l’accordo siglato a Monfalcone. Come dire: i conti non tornano e a pagare sono comunque i bimbi.