“La politica di concorrenza – dice la Commissione europea – incoraggia lo spirito imprenditoriale e l’efficienza, aumenta le possibilità di scelta dei consumatori e contribuisce ad abbassare i prezzi e a migliorare la qualità”. E, per ottenere tali risultati, lo Stato interviene con le liberalizzazioni che, chiosa l’enciclopedia Treccani, “consistono nella rimozione dei vincoli che rappresentano restrizioni alla concorrenza e, soprattutto, nel garantire le condizioni favorevoli affinché le dinamiche concorrenziali si sviluppino”.
A conti fatti
Da anni l’importanza di questi concetti, e della loro concreta appicazione, ci vengono spiegati. Sono anni, poi, che lo Stato è intervenuto in alcuni settori per favorire la concorrenza e, quindi, contenere i prezzi all’utente finale. Ma c’è riuscito? A leggere lo studio pubblicato dalla Cgia di Mestre alcune settimane fa, parrebbe proprio di no. Il giudizio deriva da un semplice calcolo: si prende l’aumento dei prezzi di un determinato settore dal momento della sua liberalizzazione e lo si compara con l’inflazione registrata nel medesimo periodo. Se il primo numero è più alto del secondo, la liberalizzazione è fallita. Nel caso contrario, ha avuto successo.
Si salvano telefono e medicine
Ebbene, stando alle cifre della Cgia mestrina (si veda la tabella a fianco), ci sono stati benefici per le tasche dei cittadini solo nel caso dei medicinali e della telefonia, per i quali ci sono stati cali del 12,1 e del 23 per cento. I risultati sono deludenti, aggettivo che utilizza lo stesso segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, per assicurazione sui mezzi di trasporto, servizi finanziari e bancari, trasporti aerei, pedaggi autostradali, trasporto ferroviario, servizi postali, trasporto urbano, gas ed energia elettrica. Anche se, negli ultimi due casi, hanno contato molto i costi della materia prima, le quotazioni petrolifere e l’incentivazione delle fonti rinnovabili. “In molti casi, questi settori – sentenzia Bortolussi – sono passati da un monopolio pubblico, che funzionava poco e male, a vere e proprie oligarchie di privati che hanno fatto pagare il conto ai consumatori finali”.
Regali alle lobby
In questi giorni, è arrivato in Parlamento un disegno di legge del governo Renzi sulla concorrenza. Che si stia andando nella giusta direzione? Secondo l’avvocato Barbara Puschiasis, vice presidente di Federconsumatori della provincia di Udine e responsabile della consulta giuridica nazionale di Federconsumatori, ancora non ci siamo. Di più, per la legale, che ha redatto un documento di critica al ddl corredato da alcune proposte di correzione da inserire nel testo e che è stato portato all’attenzione delle Commissioni parlamentari, “si parte con un preambolo che richiama tutti i principi della concorrenza, ma che poi, quando si entra nel merito, non è nemmeno lontanamente sufficiente a realizzarli. Molte norme qui contenute non solo non comportano alcun vantaggio per i cittadini, ma rappresentano dei veri e propri regali alle lobby, a tutto danno dei consumatori e dei loro interessi. Anche dove la concorrenza ha funzionato (mi riferisco, per esempio, alla telefonia), il ddl introduce norme regressive, che fanno fare passi all’indietro”. A fianco il lettore potrà trovare, settore per settore, la situazione attuale e le conseguenze del ddl e le modifiche da apportare proposte da Federconsumatori.