A tre anni dalla sua approvazione, la riforma sanitaria è ancora in fase di completamento e per questo motivo diventa anche uno degli argomenti principali su cui si gioca la campagna elettorale nella nostra regione. Al di là della politica, però, cosa ne pensano alcuni dei diretti interessati, cioè i medici?
“Dei tre grandi capitoli che riguardano la riorganizzazione della sanità sul territorio, avviata alla fine del 2015, possiamo dire che, per quel che riguarda i medici, siamo a buon punto – commenta Romano Paduano, segretario regionale della Federazione italiana medici di medicina generale -. Certo, tutto è perfettibile, ma la strada intrapresa è giusta”.
“Nello specifico, le Aggregazioni funzionali territoriali sono partite subito. Consistono nella collaborazione tra 20-30 medici che seguono tra le 20 e le 30 mila persone. Queste strutture hanno il vantaggio di ‘spezzare’ l’isolamento in cui si solito si trovano i medici di famiglia e di favorire l’omogeneità di servizio verso gli utenti. La seconda formula si chiama ‘Medicina di gruppo integrata’ e vede la collaborazione di almeno sei medici che, in diverse sedi, garantiscono i servizi per almeno otto ore al giorno. Oltre all’aumento dell’orario, il vantaggio è la condivisione delle informazioni sui pazienti”.
Resta da completare l’organizzazione dei centri di assistenza primaria, i Cap, che oggi sono circa la metà di quelli previsti inizialmente.
In tre anni resta da completare l’organizzazione
“Il nostro territorio avrebbe bisogno di una cinquantina di Cap, quelli aperti sono 14 mentre altri 5 sono prossimi all’inaugurazione. I tempi lunghi sono dovuti, secondo me, al fatto che ogni Cap cerca di intercettare le esigenze del territorio, quindi non esiste una struttura unica, preconfezionata, ma ogni sede ha le sue specifiche competenze e i suoi peculiari servizi che vanno incontro alle necessità degli abitanti di quella zona. Faccio un esempio: in un’area dove abitano molti anziani ci sarà bisogno, probabilmente, di chi si occupa del trattamento del diabete e di servizi infermieristici. In un’altra zona, dove abitano molte donne, invece, nel Cap potrebbe essere in servizio anche un ginecologo”.
“Così il Cap diventerà il punto in cui si potrà realizzare una vera integrazione multiprofessionale, con diverse competenze che convivono e che puntano allo stesso obiettivo: il benessere dei pazienti – prosegue Paduano -. Non solo medici, quindi, ma anche infermieri, assistenti sociali, psicologi e impiegati amministrativi lavoreranno nei Cap. questo è il bello della faccenda. Ma è anche il brutto, nel senso che la maggiore difficoltà perché queste figure differenti hanno anche contratti di lavoro diversi e datori di lavoro eterogenei. Risulta molto complesso coordinare questi aspetti amministrativi. Una volta raggiunta la cosiddetta quadratura del cerchio, però, il servizio offerto ai cittadini sarà migliore”.
“L’emergenza vera riguarda il numero dei medici a disposizione”
“La filosofia che ha guidato questa riforma segue, in pratica, le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, che consiglia da anni di potenziare la sanità sul territorio – conclude il segretario della Fimmg -. Il passo successivo è giungere alla cosiddetta ‘sanità di iniziativa’: un modello assistenziale di gestione delle malattie croniche che non aspetta il cittadino in ospedale, ma gli “va incontro” prima che le patologie insorgano o si aggravino, garantendo quindi al paziente interventi adeguati e differenziati in rapporto al livello di rischio, puntando anche sulla prevenzione e sull’educazione”.
Il vero problema, per la sanità regionale ma non solo, è in prospettiva la carenza dei medici di medicina generale: in Friuli Venezia Giulia circa la metà dei professionisti andrà in pensione entro i prossimi dieci anni. “Una situazione davvero seria, cui bisognerebbe provvedere al più presto”, conclude Paduano.