I friulani e le centinaia migranti che da diversi mesi arrivano a Udine non sembrano essere molto diversi, almeno per quanto riguarda l’utilizzo delle nuove tecnologie. Lo dimostrano l’uso delle ‘app’ per i cellulari e l’utilizzo massiccio della Rete che accomunano chi vive a Udine da una vita e chi, in fuga dal proprio Paese, è approdato nel capoluogo friulano. Anzi, proprio questo mondo e il modo di approcciarsi a esso si dimostrano nei fatti una piattaforma sulla quale sembra difficile non intendersi.
Caccia alla Rete
Per rendersene conto, è sufficiente girare la città e osservare dove i richiedenti asilo, per la gran parte con lo smartphone acceso in mano, si fermano. Se si sovrappone questa ‘mappa’ con quella dei punti wi-fi gratuiti in città, si noterà che, grosso modo, coincidono. Un problema non di poco conto per alcuni pubblici esercizi della città che ‘regalano’ la connessione Internet gratuita ai propri clienti. Più di un gestore, infatti, ha dovuto ‘staccare la spina’ e rinunciare ad offrire il servizio: con il wi-fi acceso, fuori dal locale si radunavano troppe persone e l’eccessivo assembramento allontanava gli avventori, con buona pace degli incassi. Il gran chiasso suscitato in città all’ipotesi di prevedere l’attivazione del wi-fi gratuito alla caserma Cavarzerani dove sono ricoverati i migranti, che aveva proprio l’obiettivo di non intasare le aree coperte dal servizio in centro ed evitare migrazioni tra quartieri cittadini, ha sollecitato la curiosità: quali sono le applicazioni che i migranti usano più frequentemente? Con chi ‘chattano’? E che cosa cercano su Internet? Lo abbiamo chiesto ad alcuni di loro.
Social network
Quanto ai social non c’è storia: Facebook batte tutti i possibili concorrenti sviluppati sia mondo occidentale, sia in quello medio orientale. La creatura di Zuckerberg è infatti il mezzo più utilizzato in assoluto dai profughi ‘friulani’, nella quasi totalità provenienti da Afghanistan e Pakistan, per comunicare con messaggi, post, fotografie e brevi racconti. Segue, ma a distanza, l’uso di Whatsapp. Per Twitter, invece, non sembra esserci grande passione. Esiste, talvolta è anche usato, ma con gran parsimonia. Facebook piace perché è più semplice e più immediato: da sempre ci si può scrivere senza limiti di battute e si possono ‘pubblicare’ anche immagini con gran facilità.
Che si incontri qualche giovane afgano e pakistano tra le vie di Udine o che si raggiunga la ‘scuola’ di italiano garantita dall’associazione di volontari ‘Ospiti in arrivo’ tre volte alla settimana al circolo Arci Misskappa, il risultato dell’indagine non cambia.
Proibitivo telefonare
Emergono alcune linee di comportamento comuni a tutti i migranti. Alle famiglie abitualmente si telefona, “ma – ci dicono i migranti che abbiamo incontrato – vanno via un sacco di soldi”. Spesso, infatti, chi rimane nei Paesi d’origine vive in zone dove non c’è la possibilità di commettersi a Internet. Non resta, quindi, che utilizzare i sistemi ‘tradizionali’. Capità, però, di non riuscire a prendere la linea oppure di non avere sufficiente credito nella scheda telefonica. In questi casi, i social network vengono in soccorso: la famiglia si raggiunge tramite amici. Utilizzando Facebook, cioè, si scrive all’amico che sta in un’area coperta dal collegamento alla Rete e gli si chiede di portare notizie nel villaggio non servita dalla tecnologia.
Amici di fuga
I social network non servono solamente a mantenere i contatti con i familiari e gli amici rimasti in patria. Il traffico maggiore generato attraverso i contatti Facebook, infatti riguarda i compagni di fuga o le persone che si sono conosciute in Friuli e che poi sono state smistate in altri centri di accoglienza del Belpaese. “Ho un amico in Grecia e uno in Inghilterra – ci racconta uno dei ragazzi avvicinati – assieme ai quali sono scappato dall’Afghanistan. Non siamo più a contatto fisico, ma grazie a Facebook è come se non ci fossimo mai divisi: possiamo continuare a parlarci. E anche confortarci a vicenda”.