“E se vi dico Zico, a cosa pensate?”. Pensiamo alla magia di superare il tempo. Eppure tanti di noi, in quei mitici anni Ottanta, non erano nati quando lui diventava il Galinho e giocava il mondiale di Rossi, oppure eravamo nati appena quando si allenava in quel Moretti che non abbiamo mai visto, o eravamo semplicemente troppo giovani per capire chi era Arthur Antunes Coimbra e cosa significava per il Friuli pronunciare il nome di Zico. E allora, per noi chi è Zico?
Zico è nostro nonno, che tiene un cappello d’alpino per dire con orgoglio chi è stato o chi voleva essere. E quando Zico lo indossa, diventa per lui un uomo, non solo un giocatore, e lo ama. Zico è nostro padre, che ora può parlare di scudetto con gli altri in osteria e porta nostro fratello allo stadio, che da quel giorno misurerà il calcio col numero 10 e l’arte di calciare le punizioni.
Zico sono tutti quei tifosi o appassionati che ci diranno sempre di averlo visto dal vivo, discriminante calcistica indissolubile per un friulano. Zico è nostro zio o il ‘santul’, abbonati da sempre, che ringraziano Pozzo per ogni giorno di Serie A e per ogni viaggio europeo, ma che hanno sognato così solo quella volta. Zico, anche se non lo hai visto lo hai percepito, magari colmando la distanza con le videocassette, i dvd e poi internet, perché almeno, se sei nato negli ‘80, hai fatto in tempo a sperimentare tutto questo.
E ora avremo anche noi un momento con Zico, sospirando e respirando il passato, percorrendo il presente, facendoci forse troppe domande sul futuro in uno stadio che più che mai domenica dovrà chiamarsi ‘Friuli’, ma che comunque deve avere tanto futuro. E grazie a Zico anche noi avremo ancora l’occasione di immaginare. E se non è magia questa… Bentornato nostro campione friulano!