Una fitta rete di spaccio, gestita da cittadini afghani, richiedenti asilo e ospiti in varie strutture di accoglienza della Carnia, che vedeva coinvolti molti minorenni tolmezzini. E’ quanto hanno scoperto i Carabinieri di Tolmezzo e Villa Santina, con la collaborazione della Polizia Municipale, grazie a una complessa indagine, che ha portato a tre arresti (due cittadini afghani richiedenti asilo e un minorenne italiano), otto denunce (tre afghani e cinque italiani, di cui due minori, tutti già noti ai militari dell’Arma) e al sequestro di 170 grammi di hashish.
L’operazione, denominata Afghan Kif e coordinata dalla Procura della Repubblica di Udine, ha preso di mira la zona compresa tra l’Ospedale e la stazione delle corriere, diventata negli ultimi mesi una vera e propria piazza di spaccio. Le indagini sono iniziate a fine agosto 2016, dopo la deposizione di una 16enne, ricoverata per intossicazione da cannabis. Da lì, i militari hanno ricostruito l’intera filiera dello spaccio che vedeva impegnati in prima linea i cittadini afghani e alcuni ragazzi italiani, molti dei quali minorenni.
I primi a finire nei guai sono stati due afghani, di 22 e 19 anni, e un 19enne tolmezzino. Poi, a cadere nella rete degli investigatori è stato uno studente appena 16enne, incensurato, residente nel Friuli collinare ma iscritto in un istituto superiore tolmezzino, che è stato arrestato per spaccio. Pochi giorni dopo sono stati fermati anche un 19enne friulano e due giovani afghani, di 26 e 24 anni, che gli avevano venduto la droga. L’indagine di è quindi allargata coinvolgendo altri due 17enni carnici che avrebbero spacciato almeno 680 grammi di hashish. A conclusione delle operazioni, è stato fermato anche un 62enne tolmezzino, ben noto per precedenti legati alla droga, che avrebbe aperto casa sua a diversi minorenni per consumare gli stupefacenti.
L’operazione è stata accolta positivamente dalla popolazione cittadina, che non aveva nascosto la sua preoccupazione per l’attività di spaccio nella zona della stazione delle corriere. I pusher erano organizzati con tanto di vedette -sia di origine afghana, sia giovani italiani – già noti alle Forze dell’ordine.
L’attività di spaccio a cielo aperto costringeva molti genitori, residenti a Tolmezzo e nei comuni vicini, ad accompagnare e andare a prendere i propri figli presso l’autostazione, giustamente preoccupati per la loro incolumità.