Nuova udienza del processo Ruotolo in Corte d’Assise a Udine. Oggi tocca a Debora Colombo e Katarzyna Raffin, amiche di Teresa Costanza e ad alcuni militari del 132° Carri di Cordenons. Sono stati nuovamente citati anche l’ex fidanzata pugliese di Ragone – Maria Lugenzia Pavone – e il padre: nessuno dei due si era presentato alla scorsa udienza. Oggi la ragazza si presenta, il padre Vito no. Degli 11 testimoni convocati, solo 5 si sono però presentati.
Viene già annunciata una ulteriore udienza a maggio, viene proposta e accettata la data dell’8 maggio. A giugno ulteriori date il 9, il 12, il 19 e il 23. A luglio, se l’istruttoria non si esaurisce, la Corte indica le ulteriori date del 10, 14 e 17 luglio.
Il primo a testimoniare è Luigi Grando. Il ragazzo frequentava la palestra ed è il tecnico del centro Federale di pesistica di Pordenone e tecnico del centro sportivo militare della Cecchignola a Roma. Ha conosciuto Trifone in palestra e lì si trovava il giorno dell’omicidio. Rievoca quanto accaduto quella sera: “Teresa era seduta negli scalini a ridosso dell’ingresso. L’ho salutata, mi è sembrata in quel frangente un po’ triste e pensierosa, ma niente che mi avesse dato da pensare”. La difesa chiede particolari sul livello di sicurezza nel parcheggio. Il teste ricorda solo un episodio di tre anni fa in cui una signora ha trovato il vetro rotto alla sua auto.
Quella sera, Grando era uscito con un ragazzino di 12 anni ad aspettare l’arrivo del padre che sarebbe poi venuto a prenderlo. E’ uscito dalla palestra alle 19,15.
Trifone, l’amico Simone Quarta, Stefano Protani, Stefano Brunetta, gli atleti più grandi: questi alcuni dei personaggi che erano ancora in palestra quando quella sera lui se ne è andato. Trifone era regolare nella frequentazione della palestra: solitamente arrivava alle 17,30 e stava fino alle 19,30. Non ricorda di aver visto una Audi A3 grigia. Quella sera Trifone gli disse: “Gigi, oggi sono proprio stanco”. E’ l’unica frase che Ragone disse a Grando.
La seconda testimonianza è quella di Simona Bello, da Napoli. Sergente dell’esercito in servizio al 132° Carri di Cordenons. La difesa inizia le domande. Afferma che conosceva sia Trifone che Giosuè, meglio il secondo che era suo collaboratore presso il Lugesi. Sostitene che “capitava che Romano e Renna andassero a trovare Ruotolo in ufficio”. Di quanto faceva Trifone fuori dal lavoro, sapeva ciò che le raccontavano Giosuè e Romano. Però afferma che si stupiva del tenore di vita di Trifone, delle spese che faceva, visto lo stipendio che percepiva. Di Ruotolo dice: “E’ serio e competente nel lavoro, una persona molto educata. Era molto capace nella parte hardware, era lui che mi insegnava la branca. Io apprendevo da lui“. Non è a conoscenza di episodi di scatti d’ira del Ruotolo e non sa nemmeno dei nomignoli che gli erano stati affibbiati. Sapeva dei contrasti nell’appartamento, in particolare il contesto dell’acquisto della tv. Non sapeva che Ruotolo avesse accesso al wi-fi finchè ha lavorato lì. Per quanto ne sa, lui non aveva la password. Non ricorda di averlo mai visto con un polso fasciato o ferite al volto. Sull’uso ‘smodato di integratori da parte di Ragone’, è a conoscenza per quanto riferitole da Ruotolo.
Ha saputo immediatamente del duplice omicidio e si è recata subito in caserma. E’ stata interrogata la sera stessa dagli investigatori ai quali ha riferito ciò di cui era a conoscenza per sentito dire. Prima scrisse degli sms a Ruotolo invitandolo a ‘dire la verità, senza paura’. Questo perchè pensava alla ‘vita parallela di Trifone’. Ruotolo non le ha mai detto di essere stato sul luogo del delitto quella sera stessa.
Il pm le contesta poi che quando è stata interrogata, ha affermato di non sapere perchè Ruotolo avesse deciso di non partecipare all’operazione ‘Strade sicure’. In udienza, invece, ha affermato che l’imputato aveva chiesto di essere esentato per i problemi di salute della ragazza.
Tocca quindi a Carmen Pacifico, militare in servizio al 132° Carri di Cordenons. La ragazza lavorava nell’ufficio di Giosuè, era sua collega al tempo dei fatti. Di Ruotolo sottolinea la riservatezza e riferisce di aver appreso, per sentito dire, che di Trifone si sapeva che portava donne in casa. Del duplice omicidio seppe su Facebook la sera stessa. Il giorno dopo ricorda di aver visto Ruotolo in caserma con gli occhi gonfi perchè era stato interrogato tutta la notte ed era stanco. Nemmeno lei ricorda di aver mai visto Ruotolo con ferite al volto o polsi fasciati. E nemmeno lei sa dei nomignoli con cui veniva indicato Ruotolo.
Tocca finalmente a Lugenzia Pavone, ragazza che ha avuto una relazione di 7 anni con Trifone (dal 2006 al 5 agosto 2013). “ci siamo lasciati telefonicamente, io andai da lui per chiarire ma lui non c’era. In seguito ricevetti delle telefonate anonime, sentii che dall’altro lato del telefono c’era una persona che rideva. Riconobbi Trifone”. Su come il padre ha preso la fine del rapporto con Trifone: “Ha accettato la mia decisione”. Non le risulta che suo padre abbia minacciato Trifone e che gli abbia mandato messaggi. Ha saputo dalla madre e dalla sorella dell’omicidio di Trifone. A volte, capitava che Trifone le chiedesse dei soldi per prendere i voli aerei per tornare a casa, perchè lei aveva la carta che le consentiva di avere agevolazioni sui prezzi.
Un paio di mesi dopo la fine della relazione, “scoprii che lui aveva il profilo Luca Bari su Facebook”. Non ha mai avuto a che fare con Teresa e da amici comuni ha saputo della nuova relazione di Trifone. Non sa di rapporti conflittuali di Trifone con altre persone. Sapeva che lui voleva aprire un locale alle Canarie, glielo disse in una telefonata a novembre. Dice che non sapeva delle entrate di Trifone, ma la difesa contesta che in interrogatorio disse diversamente.
L’avvocato Rigoni Stern le ricorda una frase scritta nel profilo di una ragazza ritratta in una foto con Trifone: “Non si chiama Luca, si chiama Trifone ed è un grandissimo bast…”
Afferma di aver saputo dei tradimenti di Trifone solo dopo che si sono lasciati”. Conferma di aver partecipato ai funerali di Trifone.
Racconta che nel 2008 Trifone scoprì un falso profilo Facebook che utilizzava le sue foto e denunciò la cosa alla polizia postale.
Ultimo teste di oggi è Andrea Lorìa, militare in servizio al 132° Carri di Cordenons. Era amministratore di rete all’ufficio Lugesi.Dice di ricordare che anche Ruotolo aveva accesso alla rete wi-fi