Gli amministratori locali dei Comuni che costeggiano il basso corso del Tagliamento chiedono da tempo che si intervenga anche per trattenere a monte le ondate di piena, ma i richiami all’urgenza di adottare rapidamente le scelte necessarie hanno ripreso vigore dopo l’ennesima alluvione che ha colpito Genova, scatenando un forte dibattito.
In prima fila il sindaco di Latisana, Salvatore Benigno, che ha fatto espresso riferimento alle indicazioni emerse due anni addietro dai lavori del “Laboratorio per il Tagliamento” che ha ritenuto l’ipotesi dello sbarramento all’altezza della Stretta di Pinzano come l’idea progettuale tecnicamente ed economicamente più valida: “Non è più possibile continuare a dire che gli interventi si devono fare solamente nella Bassa pianura – ha spiegato Benigno -, dove pure molto è stato fatto, perché li c’e’ il problema”.
L’appello di Benigno, oltre alla prevedibile levata di scudi dei Comuni rivieraschi interessati dall’opera, ha provocato anche la dura reazione degli ambientalisti. Renzo Bortolussi, dell’associazione Acqua, che ha lottato duramente contro le casse di espansione: “Ancora una volta assistiamo sui giornali alla richiesta di Latisana e San Michele per una diga o traversa sul Tagliamento nella strettoia di Pinzano. Eppure, la soluzione delle piene era stata dimostrata su un modello fisico commissionato più di 30 anni fa, dalla Regione, alla Serteco e Università di Udine. Con tale modello fisico del basso corso del Tagliamento è stato dimostrato, che era possibile far transitare una portata massima riproducibile di 6.000 metri cubi al secondo, cioè ben oltre i 4.500 dichiarati per giustificare opere a monte, quali diga o casse d’espansione, per fortuna archiviate, tra i comuni di Pinzano al Tagliamento e Spilimbergo. Si noti che questo studio ha anche evidenziato che le portate del 1965 e del 1966 a Latisana non superavano i 3.450 metri cubi al secondo e che il fiume non ha scavalcato gli argini, ma è esondato a causa della loro rottura”.