E’ ripreso questa mattina, poco prima delle 10 a Udine, il processo in Corte d’assise a Giosuè Ruotolo, il militare dell’Ariete accusato del duplice omicidio di Pordenone. E’ lui, secondo la Procura della Repubblica l’assassino di Trifone Ragone e Teresa Costanza, ammazzati a colpi di pistola il 17 marzo 2015, alle 8 di sera, all’esterno del palasport di Pordenone.
In aula, prima dell’inizio del dibattimento, Giosuè si è girato verso il padre, seduto alle sue spalle, e gli ha detto “Ciao papà”. Poi i due uomini si sono abbracciati e il padre si è asciugato le lacrime.
Sono, quindi, iniziate le testimonianze. La prima a parlare è Cinzia Rossetti, insegnate di yoga nella palestra Skorpion del Palazzetto. E’ stata la prima ad accorgersi dei due cadaveri. E’ uscita alle 19.50 e ha visto l’auto con la portiera aperta che la impediva di salire in macchina. La teste ha indicato su una mappa con la penna il tragitto fatto a piedi, tre minuti in tutto. Ha incrociato due persone ma non ha notato Jola, solo lo scricchiolio di vetro sotto le scarpe e la gamba ragazzo, con le infradito, ma non si è allarmata. Poi ha visto ha notato il finestrino rotto, il viso di Teresa con i capelli attaccati al volto e quello di Trifone pieno di sangue.
Ha iniziato a tremare ed è rientrata nel palazzetto. Poi insieme a un altro signore – Feletto – sono tornati sul posto e hanno chiamato i Carabinieri. Hanno visto solo un ragazzo che attraversava la strada e uno vigili del fuoco che ha chiamato i colleghi. Il pm le chiede quindi se ha visto una signora, ma la teste non la ricorda, e quali erano le condizioni di visibilità. Rossetti risponde che c’erano luci gialle e non si vedeva bene.
Parola, quindi, alla difesa di Ruotolo, che chiede in che senso fosse parcheggiata l’auto rispetto a quella delle vittime. L’orologio della palestra era preciso? Sì.
Spazio quindi ai medici legali. Ispezione cadaverica sul luogo nel corso dei primi rilievi e poi autopsia. Il pm chiede di sentire prima il capitano Mauro Maronese dei Carabinieri, che guidava le indagini dal 21 marzo al 31 agosto. Dopo la chiamata è stata inviata una squadra. Vengono mostrate le foto – molto cruente – della scena del crimine.
Trifone aveva la testa piena si sangue; indossava pantaloni militari e infradito bianche. Teresa era accasciata sul finestrino. Sembrava un omicidio suicidio, ma non c’era la pistola. Lui aveva tre colpi in testa, lei due. I bossoli: uno era fuori dall’auto, vicino al piede di lui, uno nel giubbotto della ragazza, uno vicino al freno a mano, uno sotto di lui e uno sotto di lei, mentre il sesto è stato trovato dopo tra la portiera e il sedile in mezzo ai vetri rotti.
Parola quindi al medico legale Giovanni Del Ben, arrivato sul posto alle 21.30. Ha ispezionato i corpi, trovati con i colpi alla testa e il capo declinato alla loro sinistra, mentre sulla destra c’erano rivoli di sangue. Lesioni da arma da fuoco e un proiettile unico. Per Trifone le tracce di sangue sono coerenti con l’imbrattamento degli indumenti. Aveva un piede dentro e uno fuori dall’auto, il sinistro. La morte è stata immediata e dal capo usciva materiale ematico. Il foro d’uscita era dietro l’occhio: il proiettile è entrato vicino all’orecchio destro e uscito dalla tempia sinistra. Una scena davvero cruda.
Una volta estratti i corpi dall’auto – spiega ancora il medico legale – è apparso chiaro che non poteva trattarsi di omicidio-suicidio. Non c’erano bruciature da colpi: qualcuno aveva sparato da posizione ravvicinata. Teresa indossava pantaloncini, maglietta e un giubbino blu. Presentava rivoli di sangue dalla tempia destra e frammenti di vetro sul corpo. I colpi arrivavano da destra. Sul labbro inferiore c’era una lesione, che potrebbe essere il segno di un proiettile che l’ha colpita di striscio. Entrambi guardavano avanti quando sono partiti i colpi. La prima conclusione, quindi, è stata che i due giovani sono morti per colpi di pistola da destra.
Trifone è stato colpito tre volte. Sul lobo sinistro c’era ancora un proiettile. Per Teresa due fori con plurime fratture al cranio; i proiettili frammentati sono rimasti in testa. Si arriva quindi all’autopsia, che offre immagini molto dure. Dai fori si ipotizza un calibro 7.65. Sopra la clavicola destra abrasioni non correlate alla morte. Distanza dello sparo: non a contatto, ma molto ravvicinata (20-30 centimetri per i primi due colpi, sette centimetri per il terzo).
Dall’autopsia di Teresa sono state ricostruite le traiettorie di sparo. Aveva il ciclo: non c’era una gravidanza in corso. Un foro sopra il sopracciglio destro, ortogonale rispetto alla ragazza, che guardava davanti a sé. Sparato da circa 30 centimetri. Il secondo colpo è stato frontale. Trifone non guardava, mentre Teresa si era girata verso la pistola. Del Ben viene ora controinterrogato dalla difesa di Ruotolo.
Le vittime erano state leggermente spostate dal 118 per applicare gli elettrodi per constatare il decesso. Alcune tracce di sangue sono dovute a questo. L’abrasione alla clavicola e sulla testa di Trifone risaliva a non più di due giorni prima. Chi ha sparato era dentro la vettura? Per Del Ben, con ragionevolezza e verosimiglianza sì. Può essersi macchiato di sangue? Ragionevolmente no. Nemmeno la mano? No perché gli schizzi sono andati dall’altra parte.
Dopo una breve pausa, alle 12.20 riprende l’udienza. Chiamato a deporre Pietro Benedetti, perito di balistica incaricato dalla Procura di Pordenone. A lui il compito di spiegare la dinamica degli spari, che tipo di arma è stata usata e se c’erano una o più pistole. I sei bossoli analizzati erano calibro 765, uno di marca Fiocchi, gli altri Geco. Quattro sono stati trovati all’interno dei due corpi, uno era fuoriuscito ed è stato trovato in auto, uno fuori dalla vettura dopo aver infranto il vetro. L’altro ha colpito il volante ed è finito sotto un auto. Uno di questi ha colpito Teresa al labbro. La canna della pistola era arrugginita e corrosa: questo dato incide sulla precisione, anche se da vicino cambia poco.
Fuori ci sono i genitori di Ragone. La madre non può stare in aula perché è un teste e non può sentire le altre testimonianze. I suoi avvocati hanno chiesto che venga ascoltata prima possibile, per consentirle di assistere a tutte le udienze.
Nominato un perito per provvedere alla trascrizione delle intercettazioni telefoniche e ambientali. Inizierà venerdi 28 ottobre e avrà a disposizione 60 giorni.
Poco prima delle 16, anche la seconda seduta si è conclusa. Il dibatito riprenderà venerdì 28 ottobre.