Fate attenzione: abbiate scrupolo nella gestione del rapporto assicurativo con Inail perché meritevole di attenzione e cura in ragione delle tutele per i lavoratori e in ragione del costo tutt’altro che marginale del premio. Succede con frequenza rilevante, infatti, che le aziende corrispondano un premio all’istituto nazionale diverso da quello effettivamente dovuto. In alcuni casi, invece, il premio che si sarebbe dovuto pagare è superiore a quanto corrisposto. In quest’ultimo caso l’azienda, quasi sempre in buona fede, ‘evade’ parzialmente il premio e si sottopone alle conseguenze che ne potrebbero scaturire. Una verifica ispettiva e l’azienda ‘distratta’ si troverebbe a corrispondere il premio evaso con retroattività quinquennale maggiorata di sanzioni e interessi.
Due casistiche
A grandi linee gli errori sono riconducibili a due situazioni diverse: erronea classificazione ed erronea imputazione di masse salariali (mancata regolazione attiva), il presupposto è che la responsabilità dell’errore sia addebitabile al datore di lavoro.
Cosa succede quando la situazione è inversa ovvero quando l’azienda ha pagato un premio superiore al dovuto? L’azienda ha diritto al rimborso di quanto, per errore, pagato in eccesso?
Si tratterebbe banalmente dell’indebito oggettivo come previsto dall’articolo 2033 del Codice Civile, ma nella pratica e in molti casi Inail oppone alla norma generale l’art. 16 e 17 del Dm 12 dicembre 2000. Questi articoli introducono rispetto alla precedente e diversa normativa del giugno 1988 l’irretroattività delle rettifiche, se a favore delle aziende, qualora l’errore sia addebitabile al datore di lavoro. È l’azienda che dichiara, denuncia di esercizio, quale attività svolge. Quindi, ribadiamo: attenzione e scrupolo perché il rischio concreto è non poter ottenere il rimborso delle eccedenze ma i citati articoli regolano la “rettifica della classificazione delle lavorazioni…” e non la regolazione passiva.
Inail estende e applica la irretroattività anche ai rimborsi derivanti da erronee comunicazioni salariali, cioè regolazione passiva ed eccedenze di premio: è come se si volesse regolare le quote rosa ispirandosi allo ius primae noctis.
Una prassi scorretta
Ci sembra scorretto il comportamento dell’istituto che ‘per consolidata prassi’, ovvero per abitudine, estende pro domo sua il principio di irretroattività anche a fattispecie che nulla hanno a vedere con le classificazioni (art. 16 e 17)
Nella pratica il meccanismo è noto: l’azienda o datore di lavoro se si preferisce paga annualmente e anticipatamente un premio calcolato in base alle retribuzioni e al tipo di attività svolta (classificazione).
Si tratta per la azienda di un obbligo di legge determinato negli anni con diversi interventi del legislatore e che sanciscono e regolano tale obbligazione: le aziende (tutte) comunicano tutti i dati all’istituto per la determinazione del premio. Tutte le comunicazioni aziendali verso Inail sono mere esternazioni di scienza e di giudizio e non atti negoziali e dispositivi.
La fattispecie di errore più frequente è detta “regolazione passiva” ed è la mancata regolazione ovvero l’errore di imputazione di masse salariali che determina un’eccedenza o un premio indebito. Peraltro siamo di fronte a una situazione paradossale poiché solo con un errore, più o meno comprensibile, si determina un’eccedenza o un indebito per mancata regolazione passiva: è lapalissiano. Ne consegue che l’istituto, nei fatti, non riconosce alcun diritto ai rimborsi neanche quelli previsti dalla Legge 8 agosto 1995 n. 335 e chiariti con circolare Inail n. 32 del 1996 e n. 37 del 1997.
Non solo, la Carta dei Servizi adottata dallo stesso istituto prevede il rimborso delle eccedenze entro 60 giorni dalla richiesta. Si consideri anche che, di fatto, un premio eccedente il dovuto ha il valore per Inail dell’arricchimento senza causa perché riceve un maggior premio senza avere un maggior rischio. Banalizzando, è come pagare la Rca per dieci auto pur possedendone cinque. Tutto questo, ovviamente, senza che i lavoratori ne traggano anche il ben che minimo vantaggio o beneficio.
Ovviamente, visti i tempi e i costi di un’azione giudiziaria, il primo effetto è che le aziende rinuncino ai loro diritti: soprattutto quelle piccole e medie. Per intendersi la questione non è (solo) legale o giuridica: la questione è morale.
È morale porre ostacoli pretestuosi – “per prassi consolidata” – al diritto di un’azienda che, ovviamente, se chiede un rimborso di sicuro non fa parte della schiera di evasori e sfruttatori del lavoro nero?
Questo comportamento ha un effetto collaterale: dà giustificazioni improprie a chi sfrutta i lavoratori impiegandoli in nero. In fondo in fondo chi il premio Inail non si sogna di pagarlo non chiederà mai un rimborso. Siamo quindi in presenza di un comportamento che indirettamente premia i furbetti e i disonesti.
Per un’azienda contenere i costi, nel rispetto di leggi e norme, vuol dire maggiori possibilità nella creazione di posti di lavoro. Basterebbe riconoscere da parte Inail che anche l’errore è un diritto.
Generalmente l’Inail fa leva sul fatto che l’errore aziendale è comunque una dichiarazione di scienza e in ragione di ciò la rettifica non può avere effetto retroattivo. Diverse sentenze della Cassazione hanno condiviso la posizione dell’Inail. Brutalmente: dichiarazione di scienza uguale irretroattività. Tutte le sentenze della Cassazione favorevoli all’Inail sulle cosiddette dichiarazioni di scienza sono riferite all’erronea classificazione e non alla regolazione passiva. Le sentenze si rispettano, ovviamente, ma si è venuta a creare una situazione paradossale. La dichiarazione dei redditi è emendabile e le maggiori tasse ripetibili (rimborsabili) nei termini della prescrizione, proprio perché è una dichiarazione di scienza (Cassazione Sezioni Unite 25 ottobre 2002 n. 15063). Quindi la Cassazione, quando c’è dichiarazione di scienza verso lo Stato intima allo stesso di rimborsare l’eccesso, mentre a favore dell’Inail è legittimo quello che volgarmente si dice ‘chi ha dato, ha dato, ha dato…’. In sintesi Inail è più difesa e tutelata dello Stato stesso.
L’argomento è vasto e complesso ed è una ragione in più per raccomandare alle aziende una maggiore attenzione e scrupolosità perché è giusto pagare il premio giusto.