Sono sempre più numerose le famiglie italiane ridotte in povertà e, come se non bastasse, lo stato di indigenza arriva molto più rapidamente rispetto al passato. Manuela Celotti, responsabile dell’Osservatorio sulle povertà della Caritas diocesana di Udine, non nasconde che la situazione si sta progressivamente complicando perché la crisi continua a pesare e le strutture che finora si sono occupate di disagio faticano a rimodulare i loro tempi di reazione di fronte a situazioni che invece richiederebbero estrema prontezza.
“Con l’aggravarsi della crisi economica – conferma Celotti – , se ci concentriamo sui nuclei famigliari, abbiamo assistito al progressivo aumento di quelli italiani, mentre in passato erano soprattutto stranieri. Altrimenti si trattava di condizioni storiche di disagio. Il peggiorare della situazione economica ha colpito innanzitutto le famiglie straniere, per poi incidere anche su quelle nostrane con una differenza sostanziale: prima il percorso verso la povertà durava più a lungo, ma ormai l’indigenza colpisce in maniera repentina, nel giro di appena qualche mese e non più di qualche anno”.
I servizi faticano così a rispondere ai bisogni, soprattutto se si tratta di esigenze abitative delle famiglie che finiscono in mezzo alla strada dopo aver perso il lavoro. “Come se non bastasse – conferma la responsabile dell’Osservatorio – a volte tutto è aggravato dall’innescarsi di dinamiche distruttive legate alle dipendenze da alcol o gioco d’azzardo”.
Per spiegare cosa accade a queste famiglie – spiega Celotti – si può usare la metafora della tenda tenuta a terra da una serie di picchetti tra i quali il lavoro, la salute, gli affetti, la casa. Quando questi picchetti cedono, al primo colpo di vento la tenda vola via. Ciò che è peggio, le spirali dell’impoverimento e dell’emarginazione spesso procedono a braccetto aggravando la situazione. Il problema è che le strutture presenti sul territorio in genere non sono in grado di far fronte all’accoglienza di interi nuclei famigliari rimasti senza casa e senza più alcuna riserva cui attingere, ma il sistema sta lentamente riorganizzandosi. Sia la Caritas sia alcuni Comuni hanno ora a disposizione immobili in grado di accogliere per brevi periodi interi nuclei mantenendo così la famiglia unita, una fatto estremamente importante. Serve comunque un cambio radicale di approccio dei servizi che operano sul territorio, perché non si tratta più di aiutare un singolo, bensì intere famiglie.
Nel solo 2015 il Centro di ascolto della diocesi di Udine ha assistito 1.085 persone delle quali 214 famiglie con figli. Di queste circa 170 sono straniere, ma ben 44 sono italiane e il loro numero sta crescendo, perché la crisi continua a mietere vittime. Il Centro di ascolto opera soprattutto nell’ambito cittadino dove la coesione sociale appare più debole, mentre nei paesi la rete della solidarietà è ancora più reattiva e pronta a dare una mano e a sostenere chi ha bisogno di aiuto”.