Si è tenuta oggi a Roma l’udienza davanti al Giudice per le indagini preliminari per la valutazione della richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Roma sull’uccisione della giornalista Rai Ilaria Alpi e dell’operatore triestino Miran Hrovatin.
Uccisi a Mogadiscio, in Somalia, nel marzo del 1994, sulla loro tragica fine non si è mai riusciti a far emergere la verità.
Il giudice ha fissato una nuova udienza, ma la madre di Ilaria Alpi, Luciana, presente oggi in aula, ha detto di non volersi fare nuove illusioni ma di prendere atto “che la Procura di Roma ha prodotto una nuova documentazione su questa vicenda”. Luciana Alpi ha anche affermato che farà “di tutto perchè questa inchiesta non finisca in archivio. Da troppo tempo siamo in attesa di una verità che non arriva. Andiamo avanti insomma, anche se sono stanca”.
Fuori dal tribunale romano anche Omar Hashi Hassan, il cittadino somalo incarcerato per 17 anni perché ritenuto il responsabile del duplice omicidio.
L’uomo è stato ingiustamente accusato del delitto di Alpi e Hrovatin e proprio nei giorni scorsi ha ottenuto in via equitativa dalla Corte di Appello di Perugia un risarcimento di 3,1 milioni per il riconoscimento dell’errore giudiziario che gli è costato il carcere e una condanna a 26 anni.
Hassan ha voluto manifestare con la sua presenza la vicinanza a Luciana Alpi che con il marito scomparso, Giorgio, lo hanno aiutato sostenendo la sua innocenza “fin dal primo giorno”.
La famiglia Alpi è stata vicino ad Hassan fino all’assoluzione e oggi lui, come molti colleghi giornalisti di Ilaria, ha deciso di manifestare contro la richiesta di archiviazione del caso.
“È importante che si tenga ancora aperta la porta alla speranza e alla volontà di verità e giustizia”. Così la deputata del Pd Debora Serracchiani ha commentato l’aggiornamento al prossimo 8 giugno, del procedimento per l’archiviazione dell’indagine relativa all’omicidio della giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin.
“La memoria di quegli autentici caduti sul campo del dovere – ha aggiunto Serracchiani – rimane particolarmente viva nella nostra terra, nella Trieste di Miran Hrovatin, e quindi accogliamo la decisione del giudice con speranza, perché quelle morti sono un pezzo della storia buia d’Italia, su cui – ha concluso -non possiamo rinunciare a fare luce”.