Chi ha vissuto l’incubo della Guerra fredda, e ha attraversato anche solo in parte i decenni dai ’50 agli ’80, con i timori per una possibile – e sempre imminente – apocalisse atomica, ricorderà il sollievo provato durante la presidenza di Mikhail Gorbaciov, il presidente che dal 1985 avviò il processo di cambiamento poi definito ‘Perestrojka’. Una radicale trasformazione della società e del Paese, un nuovo sistema di pensiero che chiuse virtualmente la Guerra fredda e arrestò la corsa agli armamenti.
Alla galleria spazzapan, Vladimir Shabalin ripropone gli artisti ospitati nella sua galleria-bunker
Diventato indelebile nella memoria collettiva, il periodo della ‘ricostruzione’ (questa la traduzione letteraria del termine russo), affiancato dalla cosiddetta glasnost (‘trasparenza’) è al centro di un’esposizione – la prima in Italia sull’argomento, preceduta nel 2009 da una piccola mostra a Venezia, ‘Back in the Ussr. Gli eredi dell’arte non ufficiale’ – organizzata dall’Erpac nella Galleria Spazzapan di Gradisca d’Isonzo.
Da sabato 2, ‘Goodbye Perestrojka’ ripercorre quello straordinario momento di entusiasmo politico e creativo attraverso cento opere di pittura, grafica, scultura di artisti dell’ex Unione Sovietica. “In pochi mesi, grazie alla Perestrojka, tutto ciò che era sovietico divenne di mo-da a livello globale – ricorda nel catalogo della mostra Yuliya Lebedeva, curatrice del Museum ‘Other Art’ a Mosca – La Glasnost annunciata da Gorbaciov alimentava la speranza che si potesse non sussurrare, ma esprimere apertamente la propria opinione. I simboli pomposi del regime, che fino a poco prima suscitavano solo una stanca irritazione, associati al rinnovamento conobbero un’autentica rinascita e si trasformarono in souvenir”.
‘Goodbye Perestrojka’ è curata da Vladislav Shabalin, artista e intellettuale, friulano di adozione, che dal 1988 diresse ‘Avangard’, un bunker convertito in galleria d’arte a Donesk, nella regione del Donbass, la più orientale dell’Ucraina, una delle meno pacificate dopo la dissoluzione dell’Urss. Nel 1986, Shabalin aprì le porte del suo rifugio antiaereo a un’onda creativa di artisti che, privi di ogni velleità propagandistica, erano assetati di nuovi linguaggi. La sua galleria sotterranea rivive nell’allestimento di Gradisca con opere del periodo 1988-1991, tutte legate una all’altra, provenienti da collezioni private austriache, israeliane e italiane.
Tra le opere – in parte già presenti a Gradisca – sono presenti il surrealismo grottesco di Shabalin, le ‘contaminazioni’ di Kalcenko, Cernik, Olimpiu, i lavori di Barannik, Bocharov e Belikova (che attinge a leggende popolari), Etenko e Manuilov, compresi pezzi del periodo pre-Perestrojka dal 1983 e di quello successivo, fino al 1999.