Altra giornata decisiva per il futuro delle banche venete. Oggi, infatti, scadeva la possibilità per i ‘soci traditi’ di aderire all’offerta di transazione, lanciata da Popolare di Vicenza e Veneto Banca per chiudere i contenziosi, dopo il crollo del valore delle azioni. Al momento, la soglia dell’80 per cento stabilita non è stata ancora raggiunta, ma i numeri sono in crescita, con un’adesione che si attesta ben oltre il 60 per cento, grazie all’adesione, ieri, di diversi grandi soci.
“Come avevamo ipotizzato”, commenta Barbara Puschiasis, presidente di Ferconsumatori Fvg, “il termine di adesione è stato prorogato al 28 marzo. Gli scenari che si prospettano sono, però, molto incerti. Bisognerà capire se l’Europa approverà la ricapitalizzazione proposta, per la prima volta, in forma mista pubblico-privata, ovvero dallo Stato e dal Fondo Atlante. Uno scenario per il quale non esistono precedenti, ma che speriamo si realizzi. Solo con una banca ‘viva’ ci sono possibilità che i risparmiatori possano essere risarciti”.
Dall’altro lato oggi l’ex presidente della Popolare di Vicenza, Gianni Zonin, indagato dalla Procura di Vicenza per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, è stato ascoltato per cinque ore dai magistrati. L’imprenditore non ha rilasciato dichiarazioni uscendo dal colloquio con i Pm Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori, oltre che con i finanzieri vicentini che, da un paio d’anni, seguono le indagini sulla Banca. Zonin si è allontanato assieme al proprio legale, Enrico Ambrosetti. Gli altri otto indagati sono stati già ascoltati e quasi tutti hanno scelto di fare scena muta. La durata dell’interrogatorio in caserma farebbe supporre che Zonin abbia voluto chiarire la propria posizione ai magistrati. “La linea di Zonin – continua ancora Puschiasis – è sempre stata quella di scaricare ogni responsabilità, anche per poter a sua volta citare la banca in tribunale. Ma è chiaro che le responsabilità dei vertici ci sono e dovranno essere appurate”.
Ai risparmiatori traditi, il consiglio è sempre quello di valutare in base alla propria situazione. L’offerta di transizione è stata bollata come un’elemosina, ma garantisce un seppur minimo rientro dei capitali investiti nelle azioni prima del crac. Non accettandola, insomma, i soci devono mettere in preventivo il rischio di non prendere nulla. Specie se la situazione economica della banca non dovesse risollevarsi.