Porcia trema. La Electrolux ha annunciato il taglio di 2.000 posti di lavoro, ovvero oltre il 3% della propria forza lavoro complessiva a causa dei risultati deludenti del terzo trimestre, che hanno evidenziato un calo del 29% dell’utile a 75 milioni di euro. Il gruppo svedese ha quindi deciso la chiusura di una fabbrica in Australia che dà lavoro a 500 persone e la riduzione degli organici in Europa, Medio Oriente e Africa. Le cifre, annuncia il gruppo attraverso Keith McLoughlin, Ceo della multinazionale, potranno essere anche superiori e si studierà il futuro delle 4 fabbriche italiane. Il gruppo ha infatti deciso di “studiare in dettaglio se dovrà mantenere le sue quattro fabbriche italiane”.
Electrolux impiega in totale oltre 60 mila dipendenti ed ha motivato la decisione dei tagli con il fatto che sebbene la domanda in America del Nord e sui mercati emergenti sia in crescita resta in calo nei principali mercati di sbocco dell’azienda in Europa. In Italia Electrolux ha stabilimenti per i diversi settori produttivi in Friuli, in Veneto, in Emilia Romagna e in Lombardia. A forte rischio, dunque, gli stabilimenti di Porcia per le lavatrici, Susegana per i frigoriferi, Solaro per le lavastoviglie, Forlì per forni e piani cottura. Complessivanete sono a rischio oltre 4.500 posti di lavoro, escluso l’indotto.
In concomitanza con l’apertura della cosiddetta ‘investigazione’ da parte del Gruppo Electrolux sulla sostenibilità delle proprie attività produttive in Italia, i vertici di Unindustria Pordenone, rappresentati dal presidente Michelangelo Agrusti e dal direttore Paolo Candotti, si sono immediatamente attivati con la Presidenza del Consiglio per esaminare la situazione competitiva descritta dai vertici del Gruppo svedese e soprattutto per individuare alcune possibili linee d’intervento a difesa e stimolo dell’intero settore elettrodomestico che, con oltre 100mila addetti, rappresenta il secondo comparto manifatturiero del Paese.
Nel corso di un incontro a Palazzo Chigi, ieri, alla presenza anche del Ministro Dario Franceschini, oltre a esaminare approfonditamente le principali cause della perdita di competitività delle attività italiane (alto costo del lavoro e alti costi energetici in primis) sono state valutate alcune ipotesi di lavoro che, già a partire dalla legge di stabilità in discussione in Parlamento, possano iniziare a tracciare un percorso di recupero competitivo.
In particolare, Unindustria ha auspicato un intervento del Governo indirizzato non solo alla gestione di una potenziale emergenza occupazionale, ma piuttosto alla formulazione di una concreta politica industriale di difesa del settore articolata in azioni di breve termine, quali ad esempio la riduzione progressiva (ovvero articolata in 3-5 anni) e selettiva (ovvero concentrata in alcuni settori strategici più esposti alla competizione globale, quali appunto l’eldom) del cuneo fiscale contributivo, e azioni di medio-lungo termine a sostegno dei processi di ricerca e innovazione per lo sviluppo di produzioni a maggior valore aggiunto, per il rafforzamento delle filiere e per una più efficace integrazione tecnologica tra settori affini.
Il governo ha fornito ampie rassicurazioni sul fatto che seguirà da vicino la situazione, garantendo altresì il proprio impegno a lavorare nella direzione proposta e a rendere concreti interventi che possano incidere positivamente sulla competitività dell’intero settore così da scongiurarne un pericoloso ridimensionamento.