I voucher, dopo essere stati eliminati a marzo del 2017, tornano alla ribalta della scena politica nazionale. Il Ministro Gian Marco Centinaio ha proposto di reintrodurli in agricoltura. Un’idea che ha immediatamente aperto il dibattito, con pareri contrapposti. Al di là dello scontro politico – con la Lega che ne sostiene l’utilità, mentre il Movimento 5 Stelle li osteggia – le opinioni sono discordi anche tra i rappresentanti del settore e i sindacati.
Nei giorni scorsi, il presidente di Confagricoltura Fvg Claudio Cressati aveva sostenuto con favore l’iniziativa del Ministro Centinaio, sottolineando come i voucher siano uno strumento utile per l’agricoltura e debbano, quindi, essere reintrodotti. Lo strumento che li ha sostituiti (ovvero il contratto di prestazione occasionale) non può essere considerato una valida alternativa a causa di una serie di limitazioni e vincoli che ne restringono fortemente il campo di applicazione, soprattutto nel settore primario.
“Nel periodo in cui hanno trovato applicazione i voucher (2008-2016) il lavoro dipendente in agricoltura, nonostante la crisi economica, ha sostanzialmente tenuto – aggiunge il presidente dell’organizzazione agricola – e in alcuni anni ha fatto registrare addirittura un incremento degli occupati. Non è intervenuta, dunque, alcuna destrutturazione del lavoro dipendente”.
Dall’altra parte Claudia Sacilotto della Fai Cisl regionale li ritiene inadeguati perché le assunzioni nel lavoro agricolo hanno proprio la caratteristica della flessibilità. Inoltre, non ci sono limiti per quanto riguarda i contratti a tempo determinato e la previdenza è esclusiva del settore ed è caratterizzata dalle fasi di coltivazione.
“Per noi – sottolinea Sacilotto – è un non senso e significa legalizzare lavoro grigio e nero. A tal proposito chiederemo incontri ai Prefetti per spiegare la nostra posizione. Ci sono persone che hanno iniziato la loro attività in agricoltura e hanno sempre lavorato essendo chiamate solo nel momento della necessità come previsto dalla contrattazione nazionale e territoriale. Anche per i giovani – conclude Sacilotto – sono previsti i contratti a giornata. Il 90% dei lavoratori è comunque a tempo determinato. Ma, se in un biennio raggiungono 102 giornate di lavoro, hanno diritto alla disoccupazione agricola”.