Ventidue miliardi l’anno. E’ l’enorme costo che la burocrazia italiana scarica sulle imprese artigiane, micro, piccole e medie. Si tratta di circa 5mila euro l’anno a impresa, 16 euro al giorno, due euro all’ora. Lo certifica una indagine del Centro studi Cna dedicata a ‘Piccole imprese e Pubblica amministrazione: un rapporto (im)possibile’, condotta su un campione nazionale, rappresentativo del settore, di 1035 imprese associate alla Confederazione (quattro su cinque con meno di dieci addetti) sul modello di un’analoga iniziativa svolta tre anni fa.
Per compiere tutti gli adempimenti richiesti dalla Pubblica Amministrazione, nel 41% delle imprese coinvolte si bruciano fino a tre giorni lavorativi al mese, nel 32% fino a cinque, nel 9% fino a dieci e nel 7% oltre dieci, mentre nell’11% s’impiega meno di una giornata lavorativa. La consulenza di soggetti esterni è molto diffusa: il 46% delle imprese se ne avvale sempre (erano il 61% tre anni fa), il 37% spesso (contro il precedente 32%). Questo dispendio di tempo, risorse ed energie zavorra il sistema Paese: quasi nove imprese su dieci (90%) ritengono che la cattiva burocrazia costituisca un ostacolo serio alla competitività.
“Basta logorare le piccole e micro imprese con una burocrazia soffocante, ridondante, ma soprattutto inutile – afferma il presidente regionale Cna, Nello Coppeto -, le aziende devono potersi concentrare sul controllo dell’andamento della loro attività, come è giusto che sia. La Cna ben volentieri trasformerebbe una parte di queste energie, oggi utilizzate a sbrigare mille adempimenti per lo Stato, in servizi di vera consulenza per lo sviluppo di impresa che in questo momento non ci svengono richiesti, perché tutti sono oberati da urgenze burocratiche”.
“E’ sconfortante che un’organizzazione come la nostra – commenta il segretario regionale della Cna Fvg, Roberto Fabris – consumi la stragrande maggioranza del tempo e delle risorse umane a disposizione per fornire i servizi da “adempimento”, indispensabili sul piano giuridico per la vita dell’impresa, ma spesso inutili sul piano pratico. Specialmente le Pmi sono chiamate a svolgere direttamente, o delegando consulenti o associazioni di riferimento, attività non utili. Un esempio: che senso ha accanirsi con le scritture contabili nelle microimprese? Non sarebbe più logico, da parte dello Stato, sviluppare tutti i sistemi di forfetizzazione o di semplificazione? In questa realtà rileviamo sempre più un maggior numero di imprenditori che anziché concentrarsi sulle funzioni aziendali principali, cioè sulla produzione, l’innovazione o lo sviluppo, sono costretti a rincorrere in affanno scadenze, adempimenti e incombenze talvolta incomprensibili persino agli addetti ai lavori. Osserviamo perfino a paradossi di obblighi in assenza di specifiche della stessa Pubblica amministrazione”.
DECALOGO PER LA SEMPLIFICAZIONE
– Migliorare la qualità della legislazione analizzando più attentamente il suo impatto, soprattutto su micro e piccole imprese
– Monitorare con cadenza annuale l’efficacia delle nuove misure per poter introdurre tempestivamente correttivi
– Adottare semplificazioni autoapplicative, che non prevedono il coinvolgimento di più soggetti, sull’esempio del Durc online
– Potenziare l’informatizzazione della Pubblica amministrazione rendendo i siti più accessibili e i contenuti più fruibile
– Far dialogare tra di loro le banche dati pubbliche per evitare la duplicazione delle richieste
– Permettere la compilazione esclusivamente per via telematica delle istanze
– Consentire il pagamento online di bolli e tariffe relative alle pratiche amministrative
– Proseguire e completare la standardizzazione della modulistica
– Accrescere la qualificazione dei dipendenti pubblici
– Applicare le sanzioni previste per i dipendenti pubblici in caso di inadempimenti