La Banca Popolare di Vicenza, dopo un lungo Cda, ha chiuso ieri il bilancio 2016. I numeri dell’esercizio sono in profondo rosso: le perdite si attestano a 1,9 miliardi, cifra superiore al 2015 (1,4 miliardi), legata soprattutto all’evoluzione del credito deteriorato e all’ulteriore innalzamento dei livelli di copertura. La profonda pulizia ha comportato 1,72 miliardi di svalutazioni (1,077 miliardi di rettifiche su crediti, a cui si aggiungono 367 milioni di svalutazioni su partecipazioni e 291 milioni di accantonamenti per i rischi legali e il pagamento delle azioni apportate all’offerta di transazione).
Nel frattempo, ieri si è chiusa anche la possibilità, per gli azionisti traditi, di sottoscrivere l’offerta di transazione. I numeri, in questo caso, sono meno chiari ma complessivamente l’adesione ha superato di poco il 70 per cento. Una cifra, dunque, inferiore a quanto richiesto dalla Banca, che aveva posto come obiettivo l’80 per cento. L’istituto dovrà ora decidere se accettare la soglia raggiunta e riconoscere la somma di 9 euro ad azione a chi ha aderito. Cifre simili per Veneto Banca: all’offerta hanno aderito circa il 68 per cento degli azionisti.
Il futuro? Si capirà nelle prossime settimane. Le due banche venete, che stanno anche valutando la fusione, hanno chiesto di aderire al sostegno straordinario pubblico-privato, che, oltre al Fondo Atlante (che detiene il 99,3% di PopVi e il 97,6% di Veneto Banca), coinvolge lo Stato. Perché la ricapitalizzazione precauzionale possa andare a buon fine si attende il via libera dell’Europa. Che, al momento, tace.