La Regione punta a indurre la proprietà di Eaton a prendere una decisone diversa rispetto allo stabilimento di Monfalcone o, in ogni caso, a ragionare per scongiurare una chiusura repentina e drastica, nei tempi e nei modi comunicati, che lascerebbe senza prospettive 157 dipendenti. In questo senso è pronta a mettere in campo tutti gli strumenti a sua disposizione, quali ammortizzatori sociali e finanziamenti in ricerca e sviluppo. Lo ha detto la presidente, che questa mattina, assieme all’assessore al Lavoro, ha incontrato alcuni rappresentanti dello stabilimento monfalconese, guidati da Paolo Germanà, responsabile di Eaton Italia.
Nell’incontro la Regione, nel chiedere i motivi che hanno portato ad una decisone così difficile, ne ha messo in discussione tempi e modalità ed ha reso noto che sarà presente al tavolo convocato per il 25 gennaio al ministero dello Sviluppo economico, sollecitando che quella della Eaton diventi una crisi nazionale. La volontà espressa è dunque di cercare di capire, insieme a Confindustria Venezia Giulia, se per l’attività svolta da Eaton siano possibili altre soluzioni anche coinvolgendo altri partner industriali.
In proposito è stato affermato come la Regione non vuole trovarsi di fronte ad un’azienda che prende una decisone di tale portata senza offrire al territorio alcuna possibilità di alterative e quindi è pronta ad accompagnarla su scelte del tutto o parzialmente diverse.
Da parte dei rappresentanti di Eaton è stato tuttavia ribadito che la decisione di chiudere è dovuta al fatto che la crisi dello stabilimento è partita ancora nel 2009, che negli ultimi tre anni – nonostante un taglio di 75 lavoratori nel 2013 e anche a fonte di un investimento di 6 milioni di euro – si sono registrati 18 milioni di perdite e soprattutto che nell’ultimo periodo si è assistito ad un crollo drastico della richiesta di valvole per motori d’automobile, senza che vi sia alcuna possibilità di riconversione produttiva.
Rispetto a quella che è apparsa come una precisa volontà di non trattare, la Regione, chiedendo il Piano industriale, ha definito sconcertante come dal 2013 ad oggi l’azienda non abbia individuata una strategia diversa, atta a delineare una prospettiva in un settore, quello dell’automotive, costantemente proteso all’ innovazione di processo e di prodotto. Per la Regione, dunque, in questo arco di tempo si sarebbero dovuti leggere e interpretare i segnali della crisi e avviare un processo di riconversione. Di conseguenza è stato ipotizzato come il fatto di gettare la spugna con queste modalità faccia pensare che la multinazionale proprietaria di Eaton di fatto avesse già a suo tempo deciso di chiudere. Per questo la Regione ha chiesto di interloquire direttamente con i rappresentanti della stessa multinazionale e ha ribadito che farà la propria parte fino in fondo, perché è una questione di rispetto e dignità del lavoro.
Dopo l’incontro di questa mattina con i rappresentanti di Eaton Italia, la Regione, con il vicepresidente e l’assessore al Lavoro, ha ricevuto nel pomeriggio le rappresentanze sindacali (Rsu, Fiom, Cisl e Uil) e il Comune di Monfalcone, ai quali ha riferito i contenuti del confronto con l’azienda sul futuro dello stabilimento isontino. La Regione, in accordo con i sindacati, ha ribadito la necessità di mantenere il sito produttivo confermando che ciò è quanto chiederà al tavolo nazionale convocato al ministero per lo Sviluppo economico il prossimo 25 gennaio. Un appuntamento importante nel corso del quale la Regione pretenderà la verifica del piano industriale, posto che l’azienda dovrà giustificare in modo oggettivo una scelta di chiusura così repentina, che non può essere motivata esclusivamente da improvvise ragioni finanziarie, ma da scelte strategiche di lungo periodo.
La Regione ha stigmatizzato come poco etico e socialmente irresponsabile il comportamento della multinazionale, che mette a rischio il futuro di 157 lavoratori, con un’età media superiore ai 45 anni. I sindacati hanno chiesto di scongiurare la chiusura e di cogliere inoltre l’occasione del tavolo nazionale per segnalare la necessità di un adeguamento del sistema degli ammortizzatori sociali che, in caso di crisi come questa, lascia poco tempo ai lavoratori per trovare alternative alla disoccupazione.
Resta prioritario, per Regione e organizzazioni sindacali, il mantenimento del sito produttivo per non depauperare l’area giuliana di un tessuto industriale fatto di grandi e piccole imprese. Dello stesso avviso il Comune, secondo cui la chiusura del sito industriale, ricade sul sistema città rimasto scioccato da questo evento. Le parti hanno concordato quindi sulla necessità di ripartire dal piano industriale e di indurre l’azienda a condurre un serio percorso di innovazione produttiva e nuovi investimenti.