Sono 63 le cave presenti in regione, 28 soltanto nella provincia di Udine. Da queste si estrae la pietra piasentina nelle Valli del Natisone, le varie pietre grigie in Carnia, il fior di pesco a a Forni Avoltri e il rosso a Verzegnis.
Nonostante la tipicità e l’abbondanza di queste pietre e dei loro scarti sul territorio succede che il materiale utilizzato per la realizzazione di un semplice argine sul torrente But, nella zona nord di Tolmezzo, provenga dal Friuli occidentale o dall’estero, e non dalle vicinissime cave di Paluzza.
A denunciare per primo questa incongruenza è stato il consigliere regionale Enzo Marsilio, secondo il quale “per evitare la messa in opera di materiale proveniente da chissà dove e favorire la filiera locale, sarebbe bastata una semplice prescrizione in sede di autorizzazione paesaggistica, che avrebbe tra l’altro evitato sprechi energetici e ridotto le problematiche d’inquinamento”.
Problemi culturali, oltre che ambientali, impediscono la valorizzazione della filiera del marmo
Per Marsilio anche quello delle pietre è un problema culturale, oltre che ambientale.
“Per fare sistema, – continua il consigliere -, bisogna valorizzare il nostro territorio, magari seguendo l’esempio dell’Alto Adige, regione che premia davvero i produttori locali, quindi chi utilizza prodotti provenienti dal territorio, ma anche chi provvede in loco alla loro lavorazione. Se le singole amministrazione dessero punteggi premianti a chi segue l’esempio sarebbe un bel passo avanti”.
In passato la giunta regionale aveva deciso di dare punteggi premianti a quelle amministrazione che utilizzavano soltanto legno regionale.
“Adesso – continua Marsilio – si parla tanto di prodotti a chilometro zero, ma soltanto nell’agroalimentare. Il resto è tutta teoria”.
Il ‘chilometro zero’ vale soltanto nell’agroalimentare, di certo non per i prodotti della montagna
A questo proposito Marsilio fa una provocazione. “Vorrei sapere cosa fanno gli ambientalisti nel caso delle cave carniche – dice il consigliere -, i cui scarti non sono utilizzati nemmeno per un argine nei vicini torrenti e si preferisce andare a recuperare gli scarti nel Sarone di Caneva, a dispetto anche dell’inquinamento”.
Quando si parla della valorizzazione dei prodotti locali, quindi, si finisce col parlare di massimi sistemi, dimenticandosi le piccole azioni che potrebbero risultare utili allo scopo nell’immediato.
“Per esempio, per quanto riguarda la montagna – conclude Marsilio – è opportuno valorizzare risorse peculiari come il legno, ma anche la pietra e il marmo”.