Meno chimica nel vigneto per un vino più buono e sano nel calice. Il Friuli è in prima linea nello sforzo di immaginare e realizzare una viticoltura del futuro. Questo sforzo si sta concretizzando in tre nuovi vitigni creati dall’Istituto di genomica applicata (Iga) dell’ateneo friulano e dai Vivai cooperativi di Rauscedo che con i loro nomi vogliono ribadire il legame con questa terra: si tratta di due bianchi derivanti dal Tocai, Fleurtai e Soreli, e uno a bacca rossa, Julius, originato dal Regent, più diffuso negli Usa che da noi. Da pochi giorni sono stati iscritti dalla Regione nel registro delle varietà coltivabili, seppur siano classificate ancora ‘in osservazione’. Infatti, anche in questo caso la burocrazia sta allungando i tempi per la loro immissione nel mercato, mentre da parte dei produttori c’è già molta attesa. Infatti, le loro virtù sono notevoli.
L’Iga ha impiegato una decina di anni per selezionare nuove varietà di vite, una decina alla fine, che siano resistenti alle patologie più frequenti e che consentano, così, di ridurre il trattamento dei vigneti con prodotti chimici. Fleurtai, Soreli e Julius sono resistenti a peronospora e oidio e, quindi, consentono di passare da una media di dieci, ma spesso accade nelle stagioni agrarie più umide di arrivare addirittura a trenta, ad appena due trattamenti, necessari solo per abbassare il potenziale d’inoculo.
Nipoti del Tocai
Con questo riconoscimento transitorio le loro uve possono già essere vinificate e commercializzate, purché nella categoria vino da tavola o al massimo Igt. Il Fleurtai si presenta con un colore giallo paglierino intenso e profumi fruttati e speziati, con delicate note tropicali; in bocca è sapido con un’acidità ben equilibrato, tanto da non invidiare nulla al Friulano ‘classico’. Il Soreli, in più, ha sentori che ricordano il vegetale del Sauvignon. Il Julius, infine, è un rosso intenso, con note tra cui spicca quella del rabarbaro.