Una cosa più di altre è certamente certificata: è stato lo zafferano a scegliere Alfredo Carnesecchi e non il contrario. Medico chirurgo vascolare alla casa di cura Città di Udine, un po’ per sfida un po’ per gioco quando si è trasferito a Magnano in Riviera in una villa con ampio terreno attorno ha provato a piantare dei bulbi fatti arrivare direttamente dagli Abruzzi, terra celebre per la pregiata spezia. Non sapeva ancora che proprio quell’appezzamento da tempi remoti in paese veniva apprezzato da tutti per portare a ‘passon’ il bestiame. È bastato poco perché i 70 mila bulbi fiorissero regalando a Carnesecchi un primo modesto raccolto. Ma che zafferano è?
Il medico è così entrato in un percorso fatto di analisi biochimiche, consulti di esperti, confronti a livello nazionale e internazionale. Fino a scoprire che il suo zafferano vantava i livelli qualitativi (secondo parametri oggettivi) non solo tra i migliori in Italia ma addirittura al mondo.
Ma Carnesecchi non si è fermato a questo. È andato oltre a questa e quella certificazione (è in arrivo la ‘bio’) e il suo prodotto è perfino diventato base di studio per la messa a punto di un’innovazione tecnologica che cambierà le sorti del mercato agroalimentare mondiale: il naso elettronico. Ovvero un test genetico, chiamato Nano Tracer, allo studio dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova che mira a individuare le contraffazioni alimentari. Ed essendo lo zafferano una dei prodotti pregiati più contraffatti (viene spesso mescolato con spezie meno costose come la curcuma), quello di Carnesecchi – il marchio commerciale è “1.0” – è diventato oggetto di analisi che ne ha ulteriormente appurato la purezza e la qualità.
Accanto a questa strada, però, c’è anche quella prettamente gastronomica. Per amicizia o per caso, il suo zafferano ha conquistato più di uno chef stellato. A partire dall’amico Emanuele Scarello del ristorante “Agli Amici” di Godia, che lo propone in piatti salati e anche dolci. E poi anche Donato Episcopo de La Corte dell’hotel Villa Abbazia a Follina. Perfino il mito Heinz Beck ha apprezzato il prodotto friulano, con tanto di lettera di ringraziamento vergata di suo pugno.
La produzione, comunque, rimane minima. Varia attorno ai 300/400 grammi all’anno. Ma tutta l’Italia ha un potenziale di 500 chilogrammi all’anno, ben poco rispetto a grandi produttori mondiali come Iran, Iran, Marocco che rappresentano il 90% delle 180 tonnellate all’anno.
L’oro rosso di Magnano, però, non ha eguali. E in purezza (visto che viene proposto non in polvere ma in pistilli) soddisfa solo una parte della domanda che ha già saputo calamitare.