Per ottenere un prosciutto crudo più buono e sano la moderna tecnologia zootecnica e tecnico-alimentare consente soluzioni innovative. Ed è proprio grazie alla collaborazione tra centri di ricerca, università e filiera produttiva che i ‘frutti’ sono oggi a portata di mano. Iniziato nel 2011 e finanziato da Ager, l’iniziativa delle fondazioni bancarie tra cui la friulana Fondazione Crup, il progetto HepiGet ha riguardato la suinicoltura e, nello specifico, la produzione di prosciutti a Denominazione di origine protetta (Dop) di alta qualità, come il Parma e il San Daniele, due eccellenze della produzione agroalimentare italiana.
“L’allevamento del suino – spiega Bruno Stefanon dell’ateneo friulano – costituisce il primo elemento per ottenere dei prodotti di qualità e la selezione di soggetti idonei alle richieste dell’industria di trasformazione oggi si può avvalere delle più moderne tecnologie genomiche. I risultati del progetto propongono degli studi mirati a identificare processi di lavorazione delle cosce innovativi e da proporre all’industria di trasformazione”.
Studi in diverse direzioni
Il programma di ricerca è stato molto articolato e ha raggruppato attività estremamente diverse. Una prima ricerca è stata condotta con uno studio a livello genomico su oltre 900 suini per individuare geni che controllano la deposizione di grasso intramuscolare, oltre allo spessore e composizione in acidi grassi del lardo dorsale in particolare. Questi caratteri, le cui basi genetiche sono poco note, sono molto importanti per la qualità della carcassa e della carne e influenzano in modo rilevante la qualità tecnologica della materia prima per ottenere prodotti stagionati di elevata qualità, principalmente i prosciutti crudi Dop. Un gruppo di ricerca si è occupato dello studio del carattere resistenza alla Prrs, una patologia infettiva che rappresenta un grave problema economico per molti allevamenti suini. L’obiettivo era la ricerca di marcatori genetici per la resistenza alla Prrs e, in tal modo, orientare la selezione verso animali con una maggiore resistenza alle malattie.
Cloruro di sodio in primo piano
Una seconda linea di ricerca è stata finalizzata alla messa a punto di nuovi protocolli per la riduzione del sale nei prosciutti, crudi e cotti, senza alterarne le qualità nutrizionali e organolettiche. I valori presi a riferimento sono stati di una riduzione del cloruro di sodio di circa il 25% rispetto al valore medio del prodotto nazionale: sono, quindi, stati monitorati tutte le fasi di produzione compresa la stagionatura per il prosciutto crudo e valutati molti parametri, in particolare i cali di peso, e l’incidenza che la riduzione del sale può indurre nelle caratteristiche gustative del prodotto.
Un ulteriore aspetto di particolare interesse ha riguardato lo studio e la caratterizzazione dei peptidi bioattivi e biofunzionali che si originano dalla digestione dei prodotti stagionati con ridotto contenuto di sale e a cui si sono aggiunti una serie di approfondimenti sul valore nutrizionale di questi prosciutti. Una ricerca, quindi, a forte impatto e ricaduta sul consumatore per il contributo che dà al contenimento delle malattie cardiovascolari.
Una terza linea ha riguardato la messa a punto di nuove metodologie per una migliore sanificazione delle carcasse mediante un innovativo sistema di depilazione, che consiste nell’utilizzo di una soluzione depilante basata su reagenti chimici in cui viene immersa la carcassa suina. Questo per diminuire l’incidenza batteriologica sulla carcassa e avendo anche verificato che non si hanno ripercussioni sulla qualità della carne fresca e del prosciutto stagionato.
Infine, l’ultima linea di ricerca ha studiato come ridurre il ‘difetto di vena’, un problema che può manifestarsi durante la stagionatura e che ha grosse ripercussioni sulla vendita del prodotto.