La Rosa di Gorizia è sulla bocca di tutti. In senso letterale, trattandosi pur sempre di una prelibatezza gastronomica, e in senso metaforico, visto che il tipico radicchio invernale prodotto nelle campagne attorno al capoluogo isontino sta diventando un vero e proprio biglietto da visita per la città, anche in chiave di promozione turistica.
Che le azioni ed i progetti lanciati negli ultimi anni stiano dando i primi frutti lo conferma anche il successo dell’edizione 2017 della rassegna ‘La Rosa di Gorizia a tavola’, promossa dall’associazione ‘Gorizia a tavola’ (che riunisce molti dei ristoratori della città) con il supporto dell’amministrazione comunale. Una rassegna che nella seconda metà di febbraio saluterà con la prima edizione del ‘Festiva’ della Rosa di Gorizia, una giornata che si svolgerà nella cornice del Castello e vedrà gli chef della città proporre le loro speciali interpretazioni dell’eccellente radicchio.
Intanto, però, un primo bilancio della manifestazione lo può già dare chi l’ha vissuta sul campo, o meglio dietro i fornelli. Come Michela Fabbro, chef del ristorante ‘Rosenbar’ di Gorizia e da sempre anima dell’associazione ‘Gorizia a tavola’. “Da parte di tutti noi ristoratori c’è molta soddisfazione per come sono andate le cose – dice -. Abbiamo notato che l’interesse verso la Rosa di Gorizia è grande, da parte dei cittadini goriziani ma anche dagli appassionati di enogastronomia di tutta la regione, e non solo.
Insomma, a livello locale la rassegna è ormai consolidata, ma ora è necessario fare un passo in avanti ulteriore. “Il nostro obiettivo è quello di allargare l’interesse per questo prodotto anche al di fuori della città, della provincia e della regione – dice Michela Fabbro -. Per fare questo dobbiamo essere capaci di promuoverci all’esterno, e da questo punto di vista ci manca ancora un po’ di organizzazione”.
L’obiettivo è uscire dalla nicchia locale ed espandersi in un mercato più ampio
Accanto a questo, la sfida per Gorizia sarà quella di far uscire il suo prelibato radicchio invernale da una nicchia eccessivamente piccola, mettendolo a disposizione di un numero di persone più alto, senza però snaturarne l’essenza. “Deve aumentare la produzione, questo è certo, perché anche per noi ristoratori spesso non è facile avere a disposizione il prodotto – conclude Fabbro -, ma assolutamente non a scapito della qualità. E’ un equilibrio difficile da mantenere, ma essenziale”.