Che fine ha fatto la questione ambientale? E perché questo tema è sostanzialmente assente, almeno finora, dalla campagna elettorale per le politiche? Cambiamenti climatici, inquinamento, dissesto idrogeologico sono alcuni dei fattori che incidono maggiormente sulla vita delle persone. Eppure candidati e partiti parlano di altro e non certo perché il nostro ambiente è al riparo da qualsiasi problema. Dato che presto dovremo votare anche per le regionali, tanto vale proporre un promemoria ai futuri candidati. Sperando ovviamente che gli aspiranti lascino da parte baruffe e slogan e decidano di parlare di questioni serie.
A Sandro Cargnelutti, presidente regionale di Legambiente abbiamo così chiesto di porre alcuni quesiti, ben sapendo che i problemi da risolvere sono moltissimi.
“Se dovessi fare domande alla politica regionale per le prossime elezioni, partirei con quelle che considerano la prospettiva “strategica”. Ad esempio se i 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile del 2030, votati all’unanimità in sede Onu, che ricadono a cascata sugli stati, regioni e territori influenzeranno i programmi dei candidati”.
C’è poi la green economy, la capacità di pesare sempre meno sull’ambiente in termini di produzione, consumo e spreco: “L’economia circolare, cuore della green economy, come sarà accompagnata e declinata dalla prossima amministrazione Regionale anche per rendere più competitivo e resiliente il nostro sistema produttivo? Quali azioni o processi si intendono intraprendere? Come sarà influenzata ricerca, sviluppo e formazione per affrontare una transizione che verosimilmente sarà molto rapida?”.
Una questione centrale e direttamente collegata ai cambiamenti climatici è la produzione (e il consumo senza sprechi, aggiungiamo noi, ndr) di energia: “Come la Regione – chiede Cargnelutti – farà la sua parte sul pacchetto clima energia per raggiungere i target fissati entro il 2030, che prevedono una riduzione del 40% di gas serra rispetto al 1990, maggiore efficienza e produzione da fonti rinnovabili? Come affrontare, ad esempio, la riconversione della centrale di Monfalcone o chiudere definitivamente l’ipotesi del gassificatore a Trieste?”. In parte legata alle tematica energetica, soprattutto se si parla di captazioni, è la gestione e salvaguardia dell’acqua: “L’acqua è un bene comune per eccellenza. Qual è la posizione dei candidati sull’eccessivo sfruttamento idroelettrico (corsi di montagna), su un’agricoltura troppo idro-esigente o su un eccessivo sfruttamento delle falde freatiche nella bassa pianura?”.
Porre un freno al consumo di suolo fatto anche di capannoni e centri commerciali
Passiamo poi al consumo di suolo, rallentato in questi ultimi anni solo dalla crisi. Il problema che abbiamo segnalato di recente è la presenza di centinaia di capannoni vuoti, ma non è chiaro quale sarà il loro destino e se la si smetterà di cementificare il territorio: “Il Friuli Venezia Giulia – ricorda il presidente di Legambiente – si è conferma anche nel 2016 al primo posto in Italia per diffusione della grande distribuzione organizzata rispetto alla popolazione. In futuro costruiranno ancora centri commerciali? E cosa intendono fare dei tanti vuoti che riempiono (comprese le zone industriali “dismesse”, caserme) i nostri territori e come rendere più restrittiva la norma sul consumo di suolo?”.
L’ultima domanda riguarda la qualità dell’aria: “Nel 2017 in Friuli Venezia Giulia ci sono stati diversi superamenti della soglia giornaliera prevista per il Pm10. Quale strategia integrata tra i diversi livelli di governo e considerando le diverse sorgenti inquinanti intendono mettere in atto per ridurre l’inquinamento da polveri sottili che sappiamo avere un significativo impatto sulla salute dei cittadini?”.
Ora non resta che attendere le risposte.
La sfida più difficile è cominciata da tempo
Sono probabilmente la sfida più importante, e non parliamo dei prossimi anni, bensì di questi giorni.
L’aumento progressivo delle temperature pone la nostra regione di fronte a scenari a dir poco incerti, che si tratti di andamento delle piogge, aree costiere, agricoltura, cambiamento degli stili di vita. Piogge meno frequenti, ma più intense, aumento delle giornate dove si registrano temperature di picco e maggior numero delle giornate con temperature un tempo tipiche della Sicilia, aumento degli eventi atmosferici estremi sono tra le conseguenze più immediate, già ormai ampiamente sperimentate negli ultimi anni.
Non si tratterà soltanto di ridurre drasticamente la quantità di anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera, ma sarà necessario rivedere radicalmente le pratiche agricole passando a colture più resistenti al caldo e alla siccità. L’innalzamento del livello del mare metterà d’altro canto a dura prova gran parte della linea costiera, tanto più che in molti punti i terreni retrostanti si trovano sotto il livello del mare. Anche dal punto di vista della salute non sono poche le incognite legate al fatto che ormai anche la nostra regione è stata colonizzata da insetti un tempo appannaggio delle aree tropicali.
Suolo avvelenato e sempre più impermeabile
Cementificazione, agricoltura intensiva, dissesto idrogeologico, attività estrattiva, gestione e bonifica delle discariche esaurite. Sono alcune delle problematiche inerenti il suolo del Friuli Venezia Giulia, regione che sconta anni di espansione urbanistica fatta non soltanto di insediamenti produttivi e commerciali, ma pure di residenzialità. Ora migliaia di metri quadrati coperti sono inutilizzati, ma ciò nonostante si continua a costruire e sarebbe opportuno sapere cosa accadrà nei prossimi cinque anni, ovvero se si cercherà di usare l’esistente o se si darà il via libera agli speculatori. Quanto all’agricoltura chimica c’è poco da dire: tra fertilizzanti e fitofarmaci il problema è fin troppo noto, per non parlare del fatto che si cerca tuttora di rosicchiare suolo per coltivazioni, peggio se destinate a produrre biomassa e non cibo. Legato all’eccesiva cementificazione c’è anche il tema del dissesto idrogeologico. Si spera siano trascorsi i tempi quando la messa in sicurezza era il preludio a nuovo cemento, ma ciò non toglie che molte aree della regione sono particolarmente esposte al problema. Ultima questione le discariche esaurite: non ne apriamo più da tempo, ma i buchi riempiti di spazzatura sono considerati bombe a orologeria.
Il problema principale resta quello degli sforamenti per le polveri sottili
Non piove per due settimane nella stagione fredda e subito buona parte del territorio regionale si trasforma in una camera a gas. Il problema è soprattutto quello delle polveri sottili, dato che registriamo di solito parecchi sforamenti in particolare a Pordenone e a Udine. Il problema è causato non solo dal riscaldamento domestico, ma pure dal traffico, mentre le fonti inquinanti legate alla produzione industriale che pure non mancano sembrano essere meno impattanti, soprattutto dopo che molte aziende hanno investito per ridurre le emissioni.
Forse qualcuno si è chiesto se l’avvento della terza corsia e l’aumento di traffico, soprattutto pesante, che ne conseguirà avrà riflessi negativi sull’aria che respiriamo, ma di questo quesito non abbiamo trovato traccia.
Siamo una regione ritenuta tra le più importanti in termini di biodiversità, grazie al fatto che il Friuli Venezia Giulia è un corridoio di raccordo tra l’area alpina e quella balcanica. E poi c’è la particolare conformazione del territorio, che dalle vette alpine passa alle colline moreniche, alla pianura e poi infine all’area costiera, favorendo una varietà di ambienti che ha pochi eguali in una manciata di chilometri.
Agricoltura intensiva, cementificazione, altre attività umane di vario genere e cambiamenti climatici, stanno mettendo a dura prova i nostri ecosistemi. Il crollo delle popolazioni di insetti registrate lo scorso anno sono un segnale piuttosto che la nostra terra si sta ammalando e che è assolutamente necessario correre molto rapidamente ai ripari.