“La crisi d’identità di un partito si vede da come parla dell’identità di chi lo dovrebbe votare!”. Parlava così, alludendo ai Ds, Gino di Caporiacco, lucida coscienza critica dell’autonomismo friulano, alla fine degli Anni ’90. E il suo ragionamento si potrebbe applicare, visto il dibattito di queste ultime settimane, anche alla visione che il Pd regionale mostra di avere dell’autonomia e della specialità. Visione a dir poco contraddittoria, perché se da un lato il Consiglio regionale continua a rivendicare le proprie prerogative, dall’altro i parlamentari si muovono ormai come battitori liberi. Per cui o la linea non c’è o, se c’è, è così confusa da apparire indistinta: ciò legittima il dubbio che, in materia, il Pd sia ‘uno, nessuno o centomila’ e che la riflessione sia mancata, lasciando spazio a ogni tipo di improvvisazione.
Venti triestini
A far discutere in particolare è l’ultima presa di posizione, griffata Ettore Rosato, che apre anche al riassetto delle autonomie locali, ritoccando i confini delle attuali regioni sino al punto di costruire a Nord-Est una ‘super Regione ad alta specialità’ che estenda la specialità friulana e trentina anche al Veneto. La dichiarazione non può esser presa come una semplice boutade estiva, perché viene dal presidente del gruppo parlamentare democratico a Montecitorio, che si appresta a dettare la linea sulla discussione relativa alla prossima riforma della Costituzione. La stessa riforma su cui si era innestato (destando le ire di molti in Consiglio regionale, primo fra tutti l’ex vicesindaco udinese Vincenzo Martines) il tentativo del senatore giuliano Francesco Russo di aprire alla soluzione della città metropolitana per Trieste, cosa che l’assemblea regionale aveva scartato. Solo pochi giorni addietro, l’assise di piazzale Oberdan aveva votato compatta per ribadire che, in materia di specialità, l’iniziativa deve partire da qui. Mentre la presidente Debora Serracchiani si premura di riaffermare la centralità del Consiglio regionale. L’impressione però è che i parlamentari facciano a gara a chi la smentisce di più.
Il ‘no’ Trentino
La creazione della macroregione autonoma del NordEst è una proposta che si insinua nel solco del disegno renziano di un ‘regionalismo a bassa intensità’, a suo tempo evidenziato dal ddl Morassut, che riduceva in modo consistente il numero delle regioni venendo così incontro al ‘sentiment’, popolare quanto demagogico, secondo il quale questi enti andrebbero aboliti come centri di spesa pubblica diffusa. Ma, nella nostra Regione, l’idea di Rosato appare così suggestiva da raccogliere consensi persino al campo avverso all’interno dello schieramento Dem. Alla proposta del renzianissimo Rosato, infatti, ha da subito aderito il senatore bersaniano Lodovico Sonego: “Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino e SudTirol insieme sarebbero pari alla Baviera”, ha affermato. “Condivido purché i contenuti della specialità siano veri e assicurino al Friuli Venezia Giulia quanto meno le prerogative che ci sono ora e magari facendo qualcosa in più”. Viceversa in Trentino sono gli stessi Dem a liquidare la proposta. Il Gruppo consiliare provinciale del Pd afferma in una nota che “tale paventata eventualità sia così solo accennata da non richiedere alcuna presa di posizione specifica. Rafforzato in questa convinzione da un confronto avvenuto tra il vicepresidente Olivi e la presidente Serracchiani, il Gruppo si riserva di esprimere la propria posizione se simile iniziativa verrà mai formalizzata”. Insomma, fuor di politichese: “non provateci. Altrimenti ci arrabbiamo!”.
Tentazioni venete a Pordenone
Temono a Trento che l’omologazione nella macroregione porterebbe a uno strapotere del Veneto. Ma a Pordenone – e questo Sonego lo sa – in un momento in cui lo svuotamento di entità come la Prefettura fa sentire declassati e l’aggregazione delle Camere di Commercio fa gridare Giovanni Pavan, presidente della Cciaa di Pordenone e di Unioncamere Fvg, “meglio con Venezia che con Udine”, l’ombrello del potente Veneto non fa più paura. Non a caso la Lega, che il Veneto lo governa saldamente, stravede per la proposta di Rosato: almeno a quanto sostengono il senatore trentino Sergio Divina e i suoi colleghi veneti. I friulani del Carroccio non si sono ancora esposti: non sanno se dare ragione a Rosato o al suo contrario. Anche perché non è detto che il loro elettorato – sicuramente refrattario a ‘Roma ladrona’ – sia disposto a essere assimilato da ‘Venezia padrona’.