Dopo la sconfitta elettorale, il dibattito nel Pd sale di tono ed è stato il senatore triestino Francesco Russo ad accendere la miccia, chiedendo le dimissioni della segretaria regionale Antonella Grim e intimando alla governatrice Debora Serracchiani di predire il proprio futuro. La ‘sparata’ sembrerebbe innocua, ma non lo è. Russo, pupillo dell’ex premier Enrico Letta, è una persona abituata alle sfide e al confronto e le sue invettive non sono mai casuali. Pur avendo contribuito, assime al capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato, alla strategia perdente a Trieste, ha giocato d’anticipo chiedendo il conto alla presidente.
La vice di Matteo Renzi, però, ha fatto il buon gesto di rimettere nelle mani del segretario nazionale il proprio mandato dopo una Caporetto in piena regola, con due capoluoghi vinti dal centrodestra, uno dei quali è anche capoluogo regionale. Trieste è un simbolo per l’Italia intera ed è naturale che sulla gestione Pd targato Serracchiani si siano accesi i fari più potenti. Così facendo, Serracchiani ha neutralizzato la bordata lettiana e ottenuto un futuro bonus per il governo nazionale. Preparato il dopo Honsell a Udine, con Mariagrazia Santoro o Vincenzo Martines, il suo futuro sarà in ogni caso a Roma. Le carte, dunque, le darà ancora lei, la ‘zarina di ferro’.
Diversa è la situazione nel centrodestra, dove Massimiliano Fedriga si è candidato alla guida della Regione, poltrona che – dicono i bookmakers – non avrà mai. Però, ha aperto il dibattito in un’area dove le truppe sono divise e Fi, seppur non dirimente come un tempo, vanta una percentuale che mette a tacere la Lega nelle zone dove il Carroccio aveva più influenza, il Pordenonese. Se Fratelli d’Italia ha già avuto il suo con Alessandro Ciriani a Pordenone e la parte Civica dell’alleanza con Roberto Dipiazza a Trieste, ora toccherà a Gorizia e a Udine.
Nella prima città, dove il dopo Romoli probabilmente si chiamerà Ziberna, gli azzurri non molleranno la poltrona di sindaco. A Udine, invece, le carte sono già scoperte con l’auto candidatura del presidente Pietro Fontanini, che si lascerà alle spalle la Provincia.
Infine c’è la Regione, dove un friulano non siede da tempo. Ora l’occasione è propizia, con molti appetiti e tanti veti. Riccardo Riccardi è forse il più accreditato, ma dovrà sedare i mal di pancia degli amici di Fabrizio Cicchitto e del ministro Beatrice Lorenzin, Alessandro Colautti e Paride Cargnelutti, esponenti del Ncd, oltre a quelli della pattuglia dei sindaci emergenti. Nonostante il ‘sì’ pesante della segretaria forzista Sandra Savino e quello dell’udinese Massimo Blasoni, Riccardi dovrà ricucire lo strappo con Renzo Tondo. Insomma la strada è ancora lunga e gli scenari romani potrebbero rimettere tutto in discussione, ma alla fine la Lega lo appoggerà.
Infine i 5 Stelle, se non passerà il momento magico, saranno ancora della partita secca: o fuori per fuori o indietro tutta. Dipenderà da loro. Il taglio degli stipendi e la trasparenza sono cose buone e giuste, ma i pentastellati dovranno elaborare un proprio progetto e non solo denunciare, giustamente, le situazioni pregresse. La rendita prima o poi finirà e il rischio è di fare la fine dell’Uomo qualunque nei primi anni della Repubblica. A tutti i tre poli buon lavoro. La nostra Regione ha bisogno di tutti – ma non di tutto – e soprattutto di capire dove sta andando. Ce lo meritiamo.