Per la prima volta nell’Ospedale S. Maria degli Angeli di Pordenone è stato eseguito un intervento di occlusione percutanea di difetto del setto Inter-Atriale. La procedura è stata compiuta nel Reparto di Cardiologia, diretto da Guglielmo Bernardi, che commenta soddisfatto: “l’aspetto particolare è che siamo intervenuti su una persona di una certa età dal momento che queste patologie possono rimanere silenti per molti anni e cominciare a dare disturbi in età matura. Questo caso ci è stato riferito da un altro centro regionale, la paziente poteva andare a Udine invece ha preferito venire a Pordenone perché credeva nella professionalità degli operatori del nostro ospedale”.
Non abbiamo avuto difficoltà, prosegue il Primario Bernardi, perché quando si è pronti dal punto di vista organizzativo eventuali problematiche non ci devono essere o perlomeno si possono anticipare”.
Il Difetto Inter-Atriale, altrimenti abbreviato con l’acronimo DIA, definisce un’anomalia cardiaca congenita in cui l’atrio destro comunica con il sinistro determinando un aumento del flusso di sangue nelle sezioni destre del cuore. Questo determina la comparsa di disturbi come la stanchezza, la mancanza di respiro.
Le conseguenze fisiopatologiche di un difetto inter-atriale dipendono dalla grandezza e dalla durata dello shunt cioè il passaggio di sangue, tra l’atrio sinistro e quello destro, e dalla risposta del letto vascolare polmonare. Nei difetti più grandi con un significativo shunt sinistro-destro, l’atrio e il ventricolo destro subiscono un sovraccarico di volume di sangue che viene poi inviato nel circolo polmonare. Questo può determinare lo sviluppo in età adulta di una ipertensione arteriosa polmonare.
La tecnica percutanea viene eseguita dal cardiologo interventista che chiude il difetto con una protesi introdotta nel cuore attraverso i vasi femorali in sala di emodinamica, sotto controllo radiologico ed ecocardiografico. Si tratta di una tecnica poco invasiva, senza residue cicatrici e senza circolazione extracorporea. Il vantaggio è determinato anche dalla breve durata del ricovero, in genere 2 giorni.
La procedura è eseguita in modo del tutto simile a quella dell’occlusione del PFO, forame ovale pervio, a paziente sveglio, in anestesia locale e con l’ausilio dell’ecografia intracardiaca. Il paziente viene dimesso il giorno successivo all’intervento previa esecuzione di un ecocardiogramma trans-toracico.
Il trattamento interventistico è stato eseguito in sala di emodinamica con tecnica percutanea. Dopo aver misurato l’ampiezza del difetto attraverso l’ecocardiogramma intracardiaco, il dispositivo di dimensioni adeguate, viene avvitato su uno speciale catetere, inserito in un lungo introduttore e fatto avanzare, chiuso nel catetere, attraverso il difetto. Il cardiologo spinge il dispositivo fuori dall’introduttore in modo tale che i suoi due dischi si aprano su ciascun lato del difetto. Si verifica, quindi, l’esatto posizionamento e la stabilità del dispositivo e l’assenza di shunt residuo con l’ecocardiogramma.
Il dispositivo viene allora rilasciato dal catetere su cui era stato montato per il posizionamento. Il catetere e l’introduttore venoso vengono rimossi e la procedura è terminata.
“Questo intervento, commenta il Primario Guglielmo Bernardi, apre nuove prospettive per la Cardiologia di Pordenone. Più si saprà che eseguiamo anche queste procedure, più ne faremo maturando ulteriori competenze.
La Cardiologia di Pordenone, prosegue, è un riferimento per tutto il territorio di competenza dell’AAS 5 e spesso anche per bacini di utenza contermini. L’ottima organizzazione che l’Ospedale e la Cardiologia della Destra Tagliamento hanno sempre dimostrato di avere, permette di gestire oltre ai nostri pazienti anche pazienti inviati da altre cardiologie che non riescono a seguirli”.
Il Primario della Cardiologia di Pordenone continua: “ naturalmente rimane di rilievo il nostro grande lavoro per acute dove stiamo cercando di dare la precedenza non soltanto al classico infarto miocardico che và trattato nelle primissime ore non appena si pone la diagnosi, ma anche ai cosiddetti infarti del miocardio non ST-soprallivellato (NSTEMI, infarto del miocardio subendocardico) per i quali è importante un trattamento precoce”.
Di rilevanza sono i casi di fibrillazione atriale, che è l’aritmia più comune e rappresenta un importante fattore di rischio di stroke cardioembolico. Nei pazienti affetti da questa patologia, gran parte dei trombi atriali originano nell’auricola sinistra la cui chiusura percutanea è indicata proprio nei casi di fibrillazione atriale permanente, alto rischio di stroke e con controindicazione all’anticoagulante.