Mondo della musica italiana in lutto per la prematura e improvvisa scomparsa di Mango, al secondo Giuseppe Mango, colto da malore durante un concerto a Matera.
Le prime note di “Oro”, uno dei suoi brani più famosi, poi l’interruzione, il braccio destro alzato e uno “scusate” rivolto al pubblico prima del malore mentre era alla tastiera, al termine di un concerto per beneficenza intitolato “Solidarietà e integrazione: insieme costruiremo un mondo a colori”.
L’artista, che aveva compiuto 60 anni il 6 novembre scorso, è stato soccorso e trasportato in ospedale, dove è giunto privo di vita – riporta l’Ansa -.
La salma è stata poratata a Lagonegro (Potenza), la sua città natale dove nella sua villa è stata allestita la camera ardente. A Lagonegro Mango viveva con la moglie, la cantante Laura Valente, e con i suoi due figli. Secondo quanto si è appreso – riporta ancora l’Ansa -, i funerali del cantante lucano saranno celebrati tra due giorni, mercoledì 10 dicembre, alle ore 11, nella Chiesa Madre della città lucana. Per quel giorno, il sindaco, Domenico Mitidieri, ha proclamato il lutto cittadino.
In Friuli Mango era di casa e si è esibito in regione in diverse occasioni. Riportiamo per i lettori del IlFriuli.it un’intervista datata 2006 all’artista scomparso in cui spiega il legame speciale nei confronti di “Oro”, proprio l’ultima canzone interpretata prima del malore fatale.
“I concorsi canori io non li ho vinti mai, né da bambino, né da grande. Ho iniziato a cantare intorno ai sei anni – ricorda divertito Mango, uno dei migliori esempi in fatto di originalità compositiva e interpretativa del panorama musicale nazionale – affrontando un repertorio che non era di certo molto in linea con quello dei miei coetanei: brani di Aretha Franklin, di Jackson Browne… A insegnarmeli era mio fratello, al seguito del quale ero solito esibirmi in occasione delle feste di piazza. Diversi anni più tardi, quando avevo ormai raggiunto la piena consapevolezza di voler vivere di musica, gli stessi risultati li ho ottenuti a Sanremo: neanche lì sono mai riuscito a vincere!”. Non vi è traccia d’amarezza o disappunto nelle parole di Mango.
“Mi considero un privilegiato – afferma infatti compiaciuto – perché sono comunque riuscito a fare quello che da sempre avevo desiderato, per di più senza il bisogno di sottostare ad alcun compromesso e riuscendo ad ottenere un consenso al mio lavoro testimoniato dall’elevato numero di vendite dei miei dischi e dalla crescente considerazione da parte della critica. Ho affrontato un tipo di percorso che mi ha permesso di far apprezzare le mie qualità e di ottenere le mie belle soddisfazioni. Aggiungiamoci anche, sotto il profilo affettivo, la presenza di una famiglia che adoro (la moglie Laura Valente, ex voce dei Matia Bazar, e i figli Filippo e Angelina, rispettivamente di 10 e 3 anni all’epoca dell’intervista nel 2006, ndr), credo davvero di non potermi lamentare. Tanto che mi viene da dire ‘meglio non aver mai vinto Sanremo’…” .
Lascia trasparire un’indole estroversa e solare Pino Mango, che sta girando l’Italia con il tour invernale (griffato Clear Channel Entertainment) legato all’uscita del suo ultimo lavoro intitolato “Ti porto in Africa”, di cui è autore di testi e musiche mentre per la produzione e gli arrangiamenti si è avvalso del fido Rocco Petruzzi. Il concerto rappresenta l’ultimo tassello di un lavoro discografico: è anche quello più importante e gratificante per l’artista? “Premesso che per me ogni fase di una produzione musicale ha una sua attrattiva (dalla composizione alla realizzazione), il momento live assume una valenza assolutamente impagabile. Sapere che quel pubblico è lì per te e da te si aspetta grandi cose non può non provocare un’intensa emozione. Ma credo che, diversamente, non sarebbe per me possibile trasmettere loro quella stessa emozione con le mie canzoni. Al punto che non esiste linea di demarcazione tra palcoscenico e platea, in un continuo e inarrestabile interscambio di energia e sentimenti. Aggiungo che se la sensazione che provo nel sentire la partecipazione della gente con gli applausi e con la voce è forte, altrettanto splendido è il silenzio assoluto riservato all’esecuzione di certi brani, un vuoto d’intensa bellezza”.
Per ottenere consensi non sempre il talento è sufficiente: ci vuole anche un po’ di fortuna e magari l’incontro giusto. Per lei com’è andata? “Uscire dalla Basilicata (Mango è nato e continua a vivere a Lagonegro, ndr) è stata durissima. La fortuna ha voluto che incontrassi la persona giusta mentre aspettavo di sostenere l’esame alla Siae: si trattava di Renato Zero (che peraltro io non conoscevo per niente!) che, dopo avere ascoltato le mie canzoni, mi portò da Franco Migliacci, produttore della Rca. Realizzai subito un primo lavoro cui seguirono due album, ma senza ottenere l’attenzione sperata, al punto che avevo quasi deciso di smettere rimettendomi a studiare (ero iscritto a sociologia). Invece, per un puro caso, una mia registrazione finisce nelle mani di Mogol, che decide di puntare su ‘faccia bianca’, come mi aveva definito, ispirato solo dalla mia voce. E’ stato lui a darmi una vera e propria identità artistica quella che mi ha permesso di ottenere grandi risultati”.
Una curiosità: qual era il brano del provino? “Si trattava di Oro, il pezzo che poi sbancò, campione d’ascolto e d’incassi, e che determinò per il sottoscritto l’ingresso da protagonista nel mondo della musica made in Italy. La canzone che mi ha fatto conoscere mia moglie Laura e che, evidentemente, ha portato fortuna alla mia vita”.