Giovedì 23 novembre alle ore 17, presso il Cinema Ariston, il giornalista Claudio Ernè e l’autore del restauro e del recupero digitale dei filmati Paolo Venier presentano – introdotti da Daniele Terzoli – una selezione di spezzoni delle pellicole che raccontano Trieste, Fiume, Pola, Capodistria, Redipuglia, Pirano e Monfalcone negli anni tra le due guerre, attraverso i filmati di Francesco Penco.
Francesco Penco è stato uno più grandi fotografi triestini della prima metà del Novecento. Con la sua macchina fotografica ci ha lasciato l’affresco di queste terre adagiate sull’Adriatico, delle sue genti, della modernità che si affacciava sulle strade. Fu anche cineoperatore, già si sapeva. Ma è stato solo il ritrovamento di una settantina di scatole di metallo abbandonate in una cantina di Ponziana a confermarlo e a restituirci i cinegiornali che girò tra gli inizi degli anni Venti e il 1945 in un’area che ha per epicentro Trieste e Muggia ma che si estende al Carso, a Fiume, Pola, Pirano, Capodistria, Monfalcone e Redipuglia.
E’ la storia dei timbri apposti sulla gelatina o sul retro del cartoncino fotografico che ci racconta che, da un certo momento in poi, Francesco Penco si proponeva come operatore cinematografico pronto a girare film di “soggetto industriale, familiare, sportivo”. L’anno di inizio dell’avventura è il 1921 quando, dopo vent’anni di intensa attività fotografica, il cinquantenne Penco chiede al Commissario straordinario per Trieste, Alberto Mosconi, l’autorizzazione ad esercitare l’attività cinematografica. Con straordinaria intuizione, Penco si propone di introdurre “la cinematografia in famiglia, tenere a disposizione della gioventù pellicole riproducenti vedute di paesi e fabbriche in attività” impegnandosi, al contempo, “a riprodurre quanto meglio possibile le scene più appropriate nella vita triestina in modo da far conoscere la città e la nostra regione all’interno del Regno”. Il Municipio lo ha appena autorizzato a riprendere “scuole comunali e scolaresche” e lui intende finanziare la sua nuova vocazione per il cinema, ben comprendendo che la settima arte sarebbe divenuta strumento potentissimo. Da quel momento Penco utilizza la doppia ripresa – fotografica e cinematografica – rappresentando un unicum, senza concorrenti, né rivali nel panorama triestino e sui timbri scrive: “fotografia e cinematografia”, “documentazioni foto cinematografiche” ma anche “cinefotografia”.