Referente per l’educazione alla Salute dell’Ufficio scolastico regionale, Claudio Bardini alla bella età di 59 anni, splendidamente portati, continua a dedicare la sua vita allo sport e ai giovani. I giovani li conosce bene da insegnante di scuola media – a Tavagnacco è stato promotore della prima scuola media dello sport – e da docente in Scienze motorie dell’Università di Udine.
Altri aspetti importanti della sua via sono la famiglia – Bardini è sposato da oltre 30 anni ed è padre di due figli maschi – e la fede. Proprio per questo ha organizzato per il secondo anno, come coordinatore dell’Ufficio educazione motoria per la provincia di Udine, ‘Le giornate dell’educazione motoria fisica e sportiva’. Tema del seminario di quest’anno è Sport e fede: arricchisce la vita delle persone”.
Come si abbinano sport e fede?
“Io faccio parte della generazione che frequentava gli oratori, quelli che erano guidati dal parroco, ma anche dal cappellano. Oggi, purtroppo, i pochi parroci non hanno più molto tempo da dedicare ai giovani e i cappellani non esistono più”.
Cosa voleva dire frequentare un oratorio?
“L’oratorio permetteva di giocare in maniera trasversale, polivalente, unendo giovani dai primi anni d’età fino ai 28 circa. Si cresceva insieme. L’oratorio univa generazioni differenti, insegnava a rispettare le gerarchie, ad aspettare il proprio turno e gli orari fissati. Crescevi, guardavi ed esploravi. Cadevi anche, ma comunque ti rialzavi e facevi sport tutto il giorno”.
Oggi come si può riempire il buco?
“Il mio obiettivo è insegare il suo valore anche ai giovani che frequentano Scienze motorie, perché possano diventare i nuovi anima-tori. Senza contare che l’oratorio unisce i ragazzi diversamente abili, ma anche quelli provenienti da diverse culture, perché lo sport unisce tutti”.
C’è un altro vuoto da riempire, però…
“Al giorno d’oggi, oltre ad allenare i ragazzi bisognerebbe allenare i genitori. Per un padre e una madre il proprio figlio è sempre il numero uno. Fino ai 13 anni, invece, è importante che i genitori insegnino a rispettare le regole e che i figli crescano nel rispetto delle regole. E’ fondamentale, per esempio, non saltare gli allenamenti e arrivare puntuali. I ragazzi, ma anche i genitori devono rispettare tecnici e allenatori e collaborare con l’arbitro. Oggi, manca proprio il rispetto. In campo i genitori si lasciano andare a licenze poetiche, che non si possono sentire”.
Succede soltanto nello sport?
“Assolutamente no. I genitori mettono in discussione anche gli insegnanti. Il problema è che manca il senso vero di fare i genitori, che molto spesso si limitano a parcheggiare i figli. Bisogna imparare il valore della famiglia. Il seminario che si è tenuto a Gemona ha messo insieme sport e oratorio. Imparare la fede in un contesto sportivo aiuta a rispettare le diverse culture, a crescere insieme, dando attenzione maggiore alla crescita della persona, recuperando allo stesso tempo le nostre radici. Questa è la vera funzione etica e spirituale. Esempi su tutti sono quelli di Bebe Vio a Rio e della nostra Rosanna Menazzi. Atlete disabile che hanno ritrovato la strada della vita proprio grazie alla fede e allo sport”.
Lei è padre di due figli. Cosa ha trasmesso loro?
“Innanzitutto, sono sposato con Marina da oltre 34 anni. E’ lei che ha seguito da vicino la famiglia, i figli, ai quali ha insegnato dal punto di vista educativo la coerenza. Senza di lei non ce l’avrei fatta”.
Ha trasmesso anche l’amore per lo sport?
“Mio figlio maggiore ha 30 anni, viaggia molto per lavoro, ma ha sempre con sé la borsa della palestra, per essere pronto ad allenarsi appena torna a casa. Gioca a pallacanestro da quando aveva 6 anni. Oggi è nel Fagagna in serie C. Il più giovane ha 24 anni e studia Economia aziendale. Pratica diversi sport. Gli ho insegnato a essere autonomi, gli ho dato libertà, senza mai pretendere risultai incredibili”.