Dietro alla riforma contabile che si appresta a vivere l’intera amministrazione pubblica regionale, c’è una vera rivoluzione culturale. Bilanci trasparenti e leggibili, chiarezza su soldi spesi e risultati raggiunti, stop ai libri dei sogni che i politici spesso che costano e non si realizzano, controllo sostanziale e non solo formale sull’operato di amministratori e burocrati. In tutto questo il Friuli Venezia Giulia negli anni passati è stato fermo, utilizzando la propria specialità non per rinnovarsi e innovare. È giunta l’ora, come spiega la presidente regionale dei revisori dei conti, Rosa Ricciardi, di cambiare passo.
La spesa pubblica sta affondando il nostro modello economico?
“Voglio partire da un dato inconfutabile: maggiori risorse pubbliche prelevate dallo Stato, dalla Regione, dalle Province e dai Comuni, se non ‘restituite’ sotto forma di maggiori servizi e opere pubbliche, sono, di fatto, minori risorse disponibili sul territorio, minore ricchezza, minori consumi, minori investimenti. La somma degli attuali prelievi fiscali sta ormai intaccando le disponibilità di una buona parte della popolazione, anche in Friuli, e troppo spesso la spesa pubblica a sostegno dell’economia è stata drenata dagli enti pubblici per arrivare come beni, servizi e opere pubbliche ridotti, spesso oltre i tempi previsti e, purtroppo, in alcuni casi anche non più utili. La mancata ripresa del Pil fa sì che la sostenibilità della spesa pubblica sia oggi il problema numero uno per il nostro Paese e impone lo spostamento, difficile ma necessario, di una parte della spesa da corrente a conto capitale. Proprio quello che è richiesto anche dal patto di stabilità”.
Da anni sentiamo dire che gli investimenti pubblici non ripartono proprio per colpa del patto di stabilità: è proprio così?
“Fino al 2012 l’applicazione del patto di stabilità regionale ai nostri enti locali non ha portato a una minore spesa corrente e ha, invece, consentito l’accensione di ulteriori debiti per quadrare i bilanci. Ricordo che il Friuli Venezia Giulia ha il debito residuo pro capite per mutui contratti dagli enti locali più alto rispetto al resto d’Italia e che la preoccupante crescita delle componenti fisse della spesa per il personale e per la quota di ammortamento dei mutui sottrae risorse e riduce le possibilità di ripartenza all’economia regionale.
Solo col 2013 ai nostri enti locali si sono applicate le norme nazionali e così ogni spesa corrente è stata rivista per poter destinare quanto risparmiato alla riduzione della pressione tributaria o per finanziare opere pubbliche secondo un cronoprogramma ben preciso. Noi revisori abbiamo registrato nelle nostre relazioni sui consuntivi del 2013 un migliore utilizzo delle risorse, che ricordo sono finanziarie, umane e strumentali. Da anni, poi, raccomandavamo che il programma annuale delle opere avesse solo interventi cantierabili nell’esercizio, perché il fattore ‘tempo’ misura l’effettiva capacità di realizzazione da parte degli uffici e la concretezza dell’azione pubblica rispetto ai programmi degli amministratori ed evita che nel bilancio dei residui si riportino per anni opere pubbliche ancora non avviate e, in qualche caso, anche senza progetto definitivo se finanziate con l’avanzo di amministrazione, risorse accantonate, cioè previste in misura superiore alla spesa programmata”.
Quale soluzione è stata individuata dalla Regione?
“La mappatura delle opere pubbliche, voluta dall’assessore Mariagrazia Santoro, ha fatto emergere un pregresso di circa 3.400 investimenti da realizzare e già finanziati per oltre 2 miliardi di euro. La Regione ha opportunamente, prima, vincolato la destinazione degli spazi finanziari regionali a queste opere e, poi, ha consentito ai Comuni che non hanno ancora iniziato i lavori di rivedere i progetti iniziali e incanalare gli investimenti su nuovi interventi”.
Quale capacità hanno oggi gli uffici tecnici comunali di portare a termine le opere finanziate?
“Gli uffici tecnici sono stati impegnati a redigere ogni anno nuovi progetti e quindi il ‘portafoglio opere’ è molto pesante.
Con il 1° gennaio 2016, però, per effetto della legge regionale 26/2014 i dipendenti di più Comuni lavoreranno assieme, con diverse professionalità, anche alte, e potranno accelerare la realizzazione delle opere già finanziate. La gestione associata delle Unioni Territoriali Intercomunali renderà possibile anche un altro risultato non trascurabile: la rotazione degli incarichi, vera arma contro la corruzione dilagante nel resto d’Italia.
Il tema non è nuovo e già la legge regionale 1/2006 destinò 84 milioni di risorse per finanziare nell’arco di 6 anni la gestione in forma associata di uffici e i servizi. L’obiettivo di una pubblica amministrazione locale che ‘produca di più e costi meno’ ritorna di attualità con la recente riforma Panontin, che offre agli amministratori locali una nuova opportunità: questa volta, però, i risultati dovranno essere misurati prima di tutto in riferimento alle risorse impiegate e il controllo di gestione deve entrare a pieno titolo tra gli strumenti direzionali utilizzati dai responsabili amministrativi, meglio se anche dalle giunte comunali.
Sappiamo, poi, che i risultati sono sempre legati alla qualità e professionalità dei soggetti coinvolti. Per questo ho suggerito al tavolo regionale della finanza locale che la selezione dei direttori e dei responsabili delle Uti avvenga fissando come prerequisito il superamento di un master universitario, organizzato dai due atenei di Udine e Trieste, ed evitare che l’indicazione venga fatta come in passato”.
Avete annunciato che tra poco scatterà un’operazione verità. Di cosa si tratta?
“Finalmente, con il prossimo 30 aprile, il riaccertamento straordinario dei residui ci dirà con ‘certezza’ a quanto ammontano i crediti e debiti degli enti locali verso le famiglie e le imprese della nostra regione, e soprattutto si conoscerà il calendario delle scadenze di pagamento fissate negli accordi contrattuali.
Con il nuovo bilancio armonizzato, già nel 2015 i cittadini potranno leggere quante risorse sono state prelevate negli anni in misura maggiore alla spesa e accantonate nel Fondo pluriennale vincolato del loro Comune e sarà semplice misurare la distanza temporale tra gli interventi programmati e la loro trasformazione in beni, servizi e opere pubbliche ultimate”.
Questo porterà benefici alle imprese creditrici?
“Assolutamente sì, anche perché a oggi non risultano fatture da pagare tali da giustificare le lamentele delle categorie economiche. L’avvio dei cantieri e l’avanzamento dei lavori è indispensabile per restituire le risorse accantonate all’economia regionale e la riduzione programmata del Fondo pluriennale vincolato in conto capitale nell’arco di un triennio potrà essere premiato con maggiori spazi finanziari regionali”.
Quale questione ritenete prioritaria nel 2015?
“L’applicazione corretta dei principi contabili di derivazione comunitaria, che nel 2016 porterà Regione, Province e Comuni a presentare il medesimo schema di bilancio. Penso che oggi la nostra Regione abbia un interesse addirittura maggiore rispetto a quello delle singole amministrazioni locali ad assicurarsi una classificazione corretta delle poste per ottenere dati di bilancio attendibili, per poter garantire la sostenibilità del sistema integrato Regione-Autonomie Locali che con il bilancio consolidato troverà piena applicazione. Il protocollo Padoan-Serracchiani altro non è che un attestato di fiducia dello Stato centrale verso la nostra Regione come unica interlocutrice. Ecco che la nostra specialità deve essere utilizzata per avvicinarsi e possibilmente raggiungere i risultati delle Regioni più virtuose, come Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.
I nuovi bilanci armonizzati saranno così comparabili e questo faciliterà il calcolo del fabbisogno standard, necessario per superare il criterio della spesa storica che finora ha premiato le amministrazioni locali che hanno impegnato e liquidato spese al disopra delle loro possibilità”.
Come revisori dei conti cosa potete suggerire?
“Dobbiamo riflettere assieme alle Direzioni regionali competenti, all’Anci e all’Upi sul perché le norme e i controlli sono vissuti ancora come adempimenti formali e non sostanziali, sul perché le norme regionali fino a oggi non ci hanno fatto fare molti passi avanti nello spiegare a imprese e cittadini come sono spesi i soldi a loro prelevati.
Nelle relazioni che accompagnano i bilanci di previsione, anche dei nostri enti locali, troppe volte l’obiettivo della gestione è una vaga descrizione senza indicatori misurabili, con la conseguenza che il risultato di quello che si è fatto e di quello che si doveva fare non è quantificabile sotto diversi profili, anche qualitativi.
Nei Paesi anglosassoni questo ambito mentale si chiama ‘accountability’ e utilizza report di tipo aziendale.
La riforma dei bilanci applica anche alla contabilità pubblica il principio generale civilistico della prevalenza della sostanza sulla forma. Come revisori siamo certi che la sua corretta applicazione, verificata nel concreto, consentirà ai soggetti che operano nella pubblica amministrazione di impiegare in modo più utile e produttivo il loro tempo, ai cittadini di comparare il consumo di risorse pubbliche con i risultati ottenuti e, attraverso il controllo sociale, spingerà chi gestisce la cosa pubblica a migliorare la reale capacità gestionale degli enti secondo logiche oggettive e con una vera trasparenza delle proprie scelte”.