Sono giornate di incertezza nel Regno Unito, alle prese con una crisi politica figlia della Brexit, decisa dal referendum del 23 giugno 2016 che ha sugellato l’uscita dall’Unione Europea. Il 29 marzo per la Gran Bretagna l’addio all’Europa sarà definitivo: si completeranno, cioè, i passaggi necessari per la sua uscita di scena, anche se la Camera dei Comuni ha bocciato l’accordo raggiunto da Theresa May con 432 voti contrari. Il governo ha ottenuto la fiducia con una manciata di voti, scongiurando una vera e propria crisi. E’ probabile che si punterà a chiedere a Bruxelles un posticipo del periodo di transizione, ma anche gli analisti internazionali sono dubbiosi su che tipo di accordo proporrà – entro lunedì -, la premier May.
Oltre 300mila i connazionali residenti in Uk
Insomma, la parola fine sulla vicenda Brexit è ben lontana e in Gran Bretagna più che l’unità regnano confusione e incertezza. Il clima politico a dir poco rovente crea apprensione anche tra i tanti italiani che vivono e lavorano in Gran Bretagna. Secondo il Rapporto Migrantes Italiani nel Mondo 2018, infatti, sono 301.439 i connazionali registrati in Uk nel 2017 iscritti all’Aire, l’anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero.
Tra questi ci sono anche 7.127 corregionali, sempre iscritti Aire, che fanno parte dei quasi 180mila friulani che vivono all’estero (nel 2017 dal Friuli Venezia Giulia, in cerca di fortuna all’estero, sono partiti in 3.572, di cui 1.738 donne e 1.834 uomini).
Friulani a Londra: “Anche il Regno Unito ha 1.500.000 di cittadini in Europa a cui pensare”
“Il Fogolar Furlan di Londra, nato nel 2014, conta circa 200 soci di tutte le fasce d’età”, ci conferma Silvia Rizzello. “Brexit da anni sta creando preoccupazione, dando costantemente conferma di un’incapacità di gestione della classe dirigente. Questo è sicuramente il maggior fattore di preoccupazione”.
“La Brexit in se stessa non viene necessariamente vista da tutti in maniera negativa. Gli europei in UK sono fiducosi che saranno garantiti i loro diritti” spiega Rizzello, che rivolge lo sguardo anche ai tanti sudditi di Sua Maestà che vivono in altri Paesi d’Europa: “Anche il Regno Unito ha 1.500.000 di cittadini in Europa a cui pensare”.
La Brexit, però, ha significato anche licenziamenti, contratti non rinnovati, disoccupazione e molti rientri di lavoratori nei Paesi di origine, Italia compresa. “Purtroppo confermo che ci sono stati licenziamenti a causa della delocalizzazione di molte aziende – conclude Rizzetto -. Anche settori come la ristorazione stanno avendo grossissime difficoltà a trovare personale”.
L’uscita dall’Europa e l’instabilità della fase di transizione, oltre che sui singoli cittadini britannici, si ripercuotono sul mondo economico internazionale e, quindi, anche regionale. Nonostante la Brexit, l’Inghilterra è rimasta una delle mete predilette dagli italiani che emigrano, dopo la Germania, tornata in auge negli ultimi anni, come segnala il rapporto Migrantes. Nel 2017 gli italiani iscritti all’Aire che si sono trasferiti a vivere nel Regno Unito sono stati in tutto 18.517, 8.682 donne e 9.835 uomini.
Il futuro? Un’incognita per tutta l’Europa chiamata alle urne
Che cosa accadrà ora? Si andrà avanti percorrendo la strada indicata dal referendum del 2016, particolarmente sentito dalla classe operaia della periferia inglese, dicendo addio all’Europa senza accordi (ipotesi No deal)? Si tornerà alle urne per far vincere il ‘remain‘ e cancellare i risultati della precedente consultazione? Tra le ipotesi, spunta anche la cosidetta ‘opzione norvegese’ che permetterebbe al Regno Unito di uscire dall’Ue, pur restando nel mercato unico europeo.
Un’altra importante scadenza per l’intero continente è quella per il rinnovo del Parlamento Europeo, chiamato a esprimere un nuovo Governo, dal 23 al 26 maggio. Una votazione sulla quale peserà sicuramente anche l’ombra della Brexit.