Una regione con un deficit depurativo tra i più alti d’Italia, addirittura maglia nera nella ben poca lusinghiera classifica delle sanzioni dell’Ue per l’assenza di impianti di depurazione o fognatura. Non c’è da sorprendersi, quindi, se sono ancora le foci dei fiumi e di canali a mettere a rischio la salute del mare del Friuli-Venezia Giulia. Degli otto punti monitorati da Legambiente lungo i 111 chilometri di costa friuliana due punti sono risultati “fuorilegge” e quindi con una carica batterica almeno del doppio rispetto ai limiti consentiti dalla legge: fortemente inquinato il prelievo nel comune di Muggia, in provincia di Trieste (presso lo sbocco del canale di via Battisti); inquinato invece il giudizio per le acque prelevate alla foce del fiume Tagliamento a Lignano Sabbiadoro.
Legambiente chiede quindi che Regione e amministrazioni comunali, sia dei centri costieri che dell’entroterra, si attivino immediatamente per risolvere i gravi deficit depurativi ancora presenti e non compromettere ulteriormente una delle principali risorse di questo territorio.
È questa la fotografia scattata da Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane, realizzata anche grazie al contributo del COOU, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, che proprio dal Friuli-Venezia Giulia ha dato avvio al suo tour 2015, giunto alla trentesima edizione. L’istantanea regionale sulle acque costiere dell’equipe tecnica dell’imbarcazione ambientalista è stata presentata questa mattina, in conferenza stampa a Trieste da Serena Carpentieri, portavoce di Goletta Verde e Andrea Wehrenfennig della segreteria di Legambiente Friuli-Venezia Giulia.
“La situazione dei nostri mari risente inevitabilmente del forte deficit depurativo che vive l’Italia, dove secondo le ultime stime dell’Istat e del Governo tre italiani su dieci non sono ancora allacciati a fognature o a depuratori e il 40% dei nostri fiumi risultano gravemente inquinati – dichiara Serena Carpentieri – portavoce della Goletta Verde -. Sono passati dieci anni dal termine ultimo che l’Unione Europea ci aveva imposto per mettere a norma i sistemi fognari e depurativi, ma piuttosto di agire non abbiamo fatto altro che collezionare multe. A pagare l’immobilismo cronico delle istituzioni, quando siamo prossimi ormai alla terza sentenza di condanna prevista per gennaio 2016, saranno al solito i cittadini. In questa regione in particolare, visto che secondo il rapporto della “Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e lo sviluppo delle infrastrutture idriche” la multa in arrivo sarà di circa 66 milioni di euro pari a 53,6 euro per ogni cittadino, sette volte la media nazionale di 8,1 euro”.
“I giudizi di Goletta Verde confermano quello che chiediamo da anni: che si investa in maniera seria in questa regione per rendere finalmente i corsi d’acqua una risorsa e non una minaccia per l’ambiente – afferma Andrea Wehrenfennig, della segreteria Legambiente Friuli-Venezia Giulia-. Il Governo ha recentemente stanziato altri fondi per risolvere l’emergenza, si tratta ora di portare finalmente a cantiere i progetti che attendono da tempo di essere eseguiti. Un impegno a tutela del nostro mare che deve estendersi anche agli altri Stati che si affacciano su questo tratto di Adriatico con una gestione integrata e coordinata delle politiche ambientali, ma anche le attività di pesca, portualità e trasporto marittimo commerciale, partendo così abbiamo fatto nei giorni scorsi dal fermare le trivellazioni petrolifere che ancora minacciano questo delicato bacino”.
Tutte le regioni italiane sono ormai sotto l’attenzione dell’Ue: l’ultima procedura arrivata lo scorso anno coinvolge anche otto agglomerati urbani del Friuli-Venezia Giulia nei quali sono state riscontrate “anomalie” circa il trattamento dei reflui. Un problema ben noto anche in Friuli-Venezia Giulia, visto che, secondo i dati Istat (2012), è tra le regioni meno virtuose in Italia (seconda dopo la Sicilia) per quanto riguarda il trattamento dei carichi inquinanti di origine civile che arrivano negli impianti di depurazione con un trattamento di tipo secondario o avanzato. Ben oltre la metà (il 52,1 per cento) dei reflui civili non viene adeguatamente trattato (non viene cioè sottoposto a un trattamento secondario e terziario) e apporta così il suo carico inquinante nelle aste fluviali o a mare. Una percentuale ben al di sotto della media del nord Italia dove la media di carichi adeguatamente trattati raggiunge circa il 60 per cento.
Le analisi di Goletta Verde
I prelievi e le analisi di Goletta Verde sono stati eseguiti dal laboratorio mobile di Legambiente il 9 giugno scorso, dopo un periodo caratterizzato da scarse precipitazioni che probabilmente avrebbero portato alla foce dei fiumi un carico inquinante ancora maggiore. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli) e vengono considerati come “inquinati” i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli che superano di più del doppio tali valori. Legambiente, è bene ribadirlo effettua un’istantanea che non vuole sostituirsi ai monitoraggi ufficiali e non assegna patenti di balneabilità. È evidente, però, che i punti critici evidenziati dai nostri monitoraggi meritano un approfondimento da parte degli enti competenti.
Come detto sono due i campionamenti, sugli otto complessi, che hanno ricevuto un giudizio negativo. Nello specifico “Fortemente inquinato” è risultato il prelievo effettuato nel comune di Muggia, in provincia di Trieste (presso lo sbocco del canale di via Battisti), mentre con un carico inquinato minore ma pur sempre oltre i limiti di legge (giudizio “inquinato”) sono risultate le acque prelevate presso la foce del fiume Tagliamento, nel comune di Lignano Sabbiadoro, in provincia di Udine. Entrambi i punti non vengono campionati dalle Autorità competenti.
Nella norma, invece, è risultato il carico batterico delle acque prelevate a Trieste (al lungomare Benedetto Croce, in località Barcola); a Duino-Aurisina, presso la spiaggia di Sistiana; a Marina Julia (spiaggia nei pressi di via delle Giarette) nel comune di Monfalcone; presso la foce del fiume Isonzo e la spiaggia presso l’incrocio di viale del Sole in via Svevo, entrambi nel comune di Grado, in provincia di Gorizia. Nel comune di Lignano Sabbiadoro, in provincia di Udine infine il prelievo effettuato presso il lungomare Trieste (nei pressi dell’incrocio di via Gorizia) è risultato entro i limiti di legge.
Tra i fattori inquinanti, troppo spesso sottovalutati, c’è anche il corretto smaltimento degli olii esausti. Proprio per questo anche quest’anno il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati è main partner della storica campagna estiva di Legambiente. Attivo da 31 anni, il COOU garantisce la raccolta degli oli lubrificanti usati su tutto il territorio nazionale, che vengono poi avviati al recupero. L’olio usato – che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli – è un rifiuto pericoloso per la salute e per l’ambiente che deve essere smaltito correttamente: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in acqua inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche. A contatto con l’acqua, l’olio lubrificante usato crea una patina sottile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare. “La difesa dell’ambiente, in particolare del mare e dei laghi, rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione”, spiega il presidente del COOU Paolo Tomasi. L’operato del Consorzio con la sua filiera non evita solo una potenziale dispersione nell’ambiente di un rifiuto pericoloso, ma lo trasforma in una preziosa risorsa per l’economia del Paese.