Nei prossimi anni assisteremo a un drastico calo dei medici di famiglia a causa dei pensionamenti, mentre le scuole di formazione a mala pena riusciranno a sfornare la metà di rimpiazzi. Il quadro tracciato da Dino Trento, segretario regionale della Fimmg (Federazione italiana medici di famiglia) è preoccupante.
“Il dato è anche peggiore se calcolato sui prossimi cinque anni, perché rischiamo di perdere la metà dei medici, anche se si tratta di una stima, dato che stiamo raggiungendo la sommità della gobba previdenziale. Diventa difficile se non impossibile garantire l’assistenza medica di base con queste forze in campo”.
Cosa ha provocato questa situazione?
“La mancanza di programmazione. Da anni l’ente previdenziale sforna dati sull’evolversi della situazione. Chi in prospettiva doveva pensare a coprire queste carenze non lo ha fatto: parlo dell’Università, che doveva aumentare il numero di studenti (servono dieci anni per formarlo se specialista o nove se medico di medicina generale). Inoltre, dovevano muoversi nei vari ministeri, da quello della Salute che trasmette i dati, al Miur che deve aumentare i posti. La diga andava aperta sei o sette anni fa. Inoltre, avrebbero dovuto provvedere ad aumentare il numero delle borse di studio riservate alle specialità e alla formazione dei medici di base”.
Nell’ultima finanziaria la ministra della Salute ha previsto l’aumento delle borse per la specialistica e la medicina generale. Basterà?
“Senza le borse di studio gli specializzandi non possono lavorare. La specializzazione dura infatti quattro anni e si ottiene frequentando l’università e lavorando in corsia. Lo stesso principio vale per i medici di medicina generale, ma in questo caso la borsa per la Scuola di formazione di tre anni è garantita dalle Regione ed è pari alla metà. La specializzazione universitaria offre dunque il doppio dei soldi già durante gli studi. Ciò spiega perché sia calato il richiamo esercitato dalla medicina generale. L’anno scorso il Fvg ha raddoppiato le borse di studio di medicina generale e il prossimo anno si passerà da 40 a 60, ma stanno chiudendo il recinto quando ormai i buoi sono scappati”.
è possibile che presto non sia possibile garantire il servizio?
“Speriamo di non arrivare a questo punto. Ci sono già pronti medici formati sui quali però non abbiamo dati perché si tratta di una lista nazionale. Con uno sforzo nella formazione dovremmo riuscire a tamponare l’emergenza. Ciò non toglie che la programmazione è in ritardo e per questo si sta pensando a piccoli stratagemmi: ovvero trasformare il terzo anno della scuola di formazione in praticantato vero e proprio permettendo così l’apertura di uno studio ai giovani. Ci stiamo lavorando. Così facendo già al terzo anno di formazione potremmo cominciare a prendere in carico pazienti”.
Uno dei problemi pare essere anche il meccanismo di assegnazione del medico.
“Non è che ogni volta che un medico va in pensione venga automaticamente sostituito. Bisogna verificare il livello della popolazione residente, tenendo conto del rapporto pari un medico ogni 1.300 pazienti, calcolato sulla base del dato anagrafico registrato al 31 dicembre. Il problema è che il concorso si fa quando il posto ormai è vacante e non quando sta per essere lasciato. Da quest’anno il problema dovrebbe essere risolto nel senso che finalmente la Regione sta cominciano a mettere a bando i posti in previsione e non soltanto dopo che i posti si sono liberati. Così facendo e sulla base di quanti medici lasciano il lavoro possiamo provvedere per tempo, dato che i pensionamenti sono abbastanza prevedibili e dovremmo riuscire a ridurre la vacanza del posto tra il pensionamento e l’arrivo del nuovo medico”.