Alla base di tutto c’è il desiderio di sentirsi ‘potente’. Per farlo, non si guarda in faccia niente e nessuno. A costo di alzare le mani su chi ci è più vicino. Questo è il ritratto del soggetto violento, di colui che maltratta, malmena, picchia, umilia e sottomette i familiari, il più delle volte donne e bambini.
“Il fenomeno della violenza sulle donne è complesso e articolato, assume diverse forme – spiega Carlo Antonio Gobbato, dirigente sociologo dell’Asuiud e dottore di ricerca in criminologia -. Esistono l’abuso fisico, quello sessuale e quello psicologico, che provoca alla vittima angoscia, paura, timore e stati di sofferenza. A questi si possono aggiungere la negligenza, cioè il rifiuto di prendersi cura di una persona che ne ha bisogno, lo sfruttamento economico e gli abusi volti al controllo, che si possono manifestare negando l’accesso al denaro, sabotando le opportunità lavorative, isolando la vittima e perseguitandola o stakerandola. Guardando i dati Istat sul fenomeno, anche nella nostra regione l’andamento è sovrapponibile a quello nazionale: una donna su tre, tra i tra i 16 e i 70 anni ha subito una qualche forma di violenza.
Anche in Fvg la violenza si consuma principalmente in ambito famigliare, sotto forma di abusi psicologici (94,1%), fisici (64%), economici (47,4%) e sessuali (15,3).
La vicinanza con il familiare violento porta la donna a non denunciare il caso. Tra le cause scatenanti dei malatrattamenti ci sono anche le difficoltà economiche e le differenze occupazionali nella famiglia o nella coppia.
Le forme più gravi di violenza sono esercitate da persone conosciute: marito nel 44% dei casi, convivente (14,6%), fidanzato (5%), padre (2,71%), altro parente o amici. Gli ex sono responsabili nel 17,29% dei casi di violenza. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4 % da amici.
Anche le violenze fisiche (come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera dei partner o ex. Gli sconosciuti sono autori soprattutto di molestie sessuali”. E’ interessante rilevare che le donne separate o divorziate hanno subito violenze maggiori (una su due contro una su 3) rispetto alle altre.
A essere più a rischio, in genere, sono le donne più giovani (fino a 34 anni), le nubili, le separate o divorziate, le studentesse. In particolare tra i giovanissimi è possibile individuare i segnali di quelli che, nell’ateà adulta, possono diventare comportamenti violenti.
Le relazioni di coppia rappresentano un importante momento di crescita per ragazzi e ragazze. All’interno di queste relazioni è possibile acquisire competenze emotive, relazionali ed una maggior consapevolezza della propria identità.
Queste acquisizioni possono venir alterate da precoci esperienze di violenza, che i giovani spesso si trovano a vivere senza avere gli strumenti per riconoscere quello che sta accadendo e senza sapere a chi rivolgersi per chiedere aiuto. Tali vissuti possono avere un impatto doloroso sulla loro salute e sul loro benessere.
Di buono, in questo quadro drammatico, c’è che la violenza sulle donne è un fenomeno in diminuzione. Ciò è frutto di una maggiore consapevolezza, di una più accurata informazione, del lavoro sul campo ma soprattutto di una migliore capacità delle donne di prevenire e combattere il fenomeno e di un clima sociale di maggiore condanna della violenza.
Le violenze, però, sono generalmente più gravi: aumentano quelle che hanno causato ferite (dal 26,3% al 40,2% da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita.
Le conseguenze sono drammatiche anche quando non lasciano segni fisici sul corpo della vittima. Il sintomo più evidente è la sensazione persistente di paura, ma in una donna su due si manifestano anche perdita dell’autostima e stress cronico. Depressione, isolamento e disperazione possono accompagnarsi anche con la difficoltà nella gestione dei figli.