Cento anni dopo, più che il ricordo è la retorica della memoria a prevalere. E quindi: la Grande guerra è vista ancora come quarto conflitto risorgimentale, come suggello all’Unità d’Italia, come conferma di uno spirito nazionale votato al sacrificio. Tutti argomenti che potevano solleticare un popolo ancora in gran parte analfabeta, che sostenuto dal mito della ‘vittoria mutilata’ avrebbe presto abbracciato la dittatura.
Per evitare di credere nei corsi e ricorsi storici, preferiamo affidarci alla logica del ‘what if’, o della cosiddetta ucronia: cosa sarebbe successo se… In questo caso, a offrire una lettura diversa, non gli eventi del 3 e del 4 novembre ‘18 – la liberazione, per quanto ci riguarda, di Trieste e Udine -, ma quelli di pochi giorni prima. Per la precisione, il discorso tenuto al Reichsrat di Vienna il 25 ottobre dai deputati del Friuli austriaco Giuseppe Bugatto e Luigi Faidutti.
Il friulano al parlamento
Dopo Caporetto, i vari popoli dell’Impero austroungarico si battevano per la trasformazione della Monarchia in senso democratico e confederale. In questo clima, i due deputati friulani al Parlamento di Vienna iniziarono una campagna politica per l’autonomia del Friuli orientale, con capoluogo Gorizia. Venne costituito un Consiglio nazionale friulano, che rispose a una serie di proposte formulate da Carlo I mediante un proclama che prevedeva la piena libertà di autoderminazione del popolo friulano in caso di mutamenti di confine.
Nel celebre discorso alla Camera di Vienna, i due deputati ribadirono la richiesta di autonomia e il diritto all’autodeterminazione per il popolo friulano, concludendo l’intervento con le prime e ultime parole pronunciate in friulano in un Parlamento: “Se ducj nus bandonin, nus judarìn bessôi. Dio che fedi il rest. No uarìn che nissun disponi di nô, sensa di nô”. Se tutti ci abbandonano, ci aiuteremo da soli. Che Dio faccia il resto. Non vogliamo che nessuno disponga di noi senza di noi.
Il patto di Londra
La storia, lo sappiamo, è andata diversamente. Abbandonato dopo la rotta di Caporetto, sottoposto a dura occupazione da parte delle truppe sia imperiali che germaniche, il Friuli non esiste agli occhi dell’opinione pubblica fino al 4 novembre. Il mancato rispetto del cosiddetto ‘Patto di Londra’ riconsegna sì la ‘Venezia Giulia’ (termine senza legame storico-territoriale) all’Italia, ma al costo – oltre quello di una guerra di tre anni, 4 per gli ‘austriacanti’, gli abitanti del Friuli imperiale – della perdita di ogni speranza di autonomia. Per Gorizia e per il Friuli intero.
“Traditori della patria”
La dichiarazione di Faidutti e Bugatto è stata cancellata dalla storia: dimenticato l’auspicio di una federazione europea che escludesse in avvenire l’uso delle armi nei conflitti tra i governi; dimenticata la completa autonomia per l’ex Friuli austriaco; dimenticati i reclami di piena libertà di autodeterminazione del popolo friulano “qualora nelle trattative internazionali si volesse procedere a qualsiasi mutamento nella sua pertinenza statale”. Accusati da più parti di essere ‘traditori della Patria’, i due deputati spariscono dalla memoria, così come il loro progetto, infranto davanti a grandi interessi geopolitici e, di lì a poco, seppellito da una dittatura che non dimostrerà troppo amore per le ‘minoranze’ etnico-linguistiche.