Leggende. Notizie false (e, perlopiù tendenziose). Propaganda. Disinformazione. Fake News. Oggi il mondo virtuale è dominato dallo spauracchio di informazioni fasulle che circolano liberamente tanto quanto le notizie verificate, anzi, a volte suscitano reazioni più forti.
“Come molto marketing anche le fake news fanno leva sull’emotività, sulla paura, sulla rabbia, sullo sdegno della gente” commenta David Puente, giornalista specializzato in fact checking (verifica delle notizie) che sabato 18 maggio è stato ospite del festival Vicino/Lontano. Il suo libro si intitola ‘L’inganno di internet’.
Qual è?
“L’inganno si identifica con la stessa percezione che noi abbiamo della Rete. Non percepiamo i rischi, non siamo consapevoli dell’eco che i nostri post possono avere. Così la percezione non è mai perfettamente reale. E da questo auto-inganno possiamo difenderci solo raddoppiando l’attenzione nei confronti delle informazioni che vi troviamo”.
Come individuare una fake news?
“Esistono dei campanelli d’allarme. Per esempio quando leggo una notizia che è ‘sensazionale’, capace di far indignare o arrabbiare ampie categorie di individui, quando riguarda elementi mai definiti, persone, luogo, data, ecco, quello è il caso di drizzare le antenne e cercare di capire se si tratta di una fake news. Anche su questa definizione, poi, ci sarebbe da discutere. Io preferisco chiamarla ‘disinformazione’, è un vocabolo che ne rende meglio la molteplicità di aspetti e il fatto che non sia nata con il Web, bensì molto prima”.
Quali sono esempi celebri di fake news?
“In fondo, la prima fake news è quella che raccontano i nostri genitori sull’esistenza di Babbo Natale. Certo, quella è a fin di bene, prima o poi i bambini si confronteranno con la realtà, però è un esempio calzante. Un altro è la diceria su Maria Antonietta che avrebbe detto ‘Se il popolo ha fame, che mangi brioche’. Fatto mai accaduto ma che viene tramandato. Infine, ci sono tutte le strategie di propaganda del Novecento. Il confine delle bufale è molto più ampio di quello che pensiamo”.
Ci sono stati casi eclatanti nella nostra regione?
“Sì, qualche anno fa girava tra gli utenti di Whatsapp un audio con una voce di donna che diceva di avere informazioni riguardo a un attacco terroristico e che invitava a evitare i luoghi affollati. Non fu un caso solo friulano, ma qui coinvolse molte persone. Il vocale arrivò anche a me. Lo girai immediatamente alla Polizia postale che si attivò subito per smentirlo”.
I giovanissimi, spesso definiti ‘nativi digitali’, sono immuni dalla disinformazione?
“Niente affatto. Si pensa che, per il solo fatto di essere nati nell’epoca della tecnologia evoluta, debbano essere formati. Loro stessi, ma anche i genitori, credono di padroneggiare bene gli strumenti informatici. In realtà sono sì abituati a usarli, ma non sempre sono consapevoli dei rischi e degli inganni che vi si celano”.
I colossi di Internet come contrastano la diffusione di bufale?
“Con una strategia che ritengo molto intelligente. Per esempio Facebook non usa la censura, ma accanto al post fake segnala i link dove trovare le informazioni corrette”.
Quali sono i veri anticorpi contro la disinformazione?
“Ce ne sono alcuni e vanno coltivati. Li cito velocemente: cultura, curiosità di approfondire e conoscere a fondo gli argomenti, spirito critico ai limiti della paranoia. Sono tutti strumenti di difesa efficaci”.