Per intervenire e modificare gli edifici e gli appartamenti, oggi con le novità introdotte dallo ’Sblocca Italia’ sono state semplificate alcune procedure e abbattuti alcuni costi, previsti dall’attuale norma (come ricorda uno spot del Governo trasmesso da fine gennaio su radio e tv). Tutto più semplice? A parole, sì. Secondo spot nazionale che sta andando in onda sulle principali emittenti si può ristrutturare l’appartamento – apportando modifiche su alcune sue parti, come l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti -, realizzare e migliorare i servizi igienico-sanitari e tecnologici. Può anche essere diviso un alloggio grande in due più piccoli o unite stanze contigue (sia sullo stesso piano, sia su piani differenti) per realizzarne uno più grande. Tra le opere consentite è anche possibile rinnovare e sostituire parti strutturali degli edifici, come scale, pilastri, travi, muri portanti e altro, ma se sono previsti questi tipi di interventi le procedure saranno differenti.
Secondo la pubblicità, per dividere o unire gli appartamenti, si possono fare i lavori senza dover ottenere alcun permesso da parte del Comune. Sarà necessario, prima di dare inizio ai lavori, trasmettere all’Ente, anche semplicemente per via telematica, la Comunicazione di inizio lavori, la così detta Cil, accompagnata da una asseverazione di un tecnico abilitato alla professione.
Spot da ri tirare
“Nella realtà dei fatti – spiega Elio Miani, presidente del collegio dei geometri di Udine – tutto questo non vale per il Friuli Venezia Giulia, che in materia di urbanizzazione ha una propria autonomia e ha legiferato con la legge regionale 19/2009. per questo motivo da noi non valgono tutte le novità che sono decantate dallo spot”.
Ma c’è un altro passaggio che ha fatto infuriare non sono i geometri, ma anche altre categorie di professionisti interessate, nonché l’Agenzia delle entrate. Secondo lo spot televisivo, infatti, l’accatastamento dell’immobile spetterebbe al Comune. “Una follia – dice Miani -, perché in tutti gli uffici comunali non ci possono essere tecnici preparati per questo tipo di operazione. Inoltre, come potrebbero i Comuni rendere gratuita un’operazione che in realtà è onerosa per il cittadino? A questo punto, proprio nel momento in cui si cerca di fare un po’ di chiarezza al Catasto, ecco apparire questa norma che fa sembrare tutto più semplice, ma che in realtà non può trovare attuazione. Il nostro collegio nazionale, ma anche altri sparsi sul territorio, ha già fatto un esposto al Garante della pubblicità, affinché lo spot venga ritirato, in quanto non veritiero”.
Errori che si pagano cari
Quale il pericolo nel concreto? “Il rischio – conclude Miani – è quello che, anche involontariamente, vengano fatti degli abusi edilizi, cosa che potrebbe rendere l’immobile non vendibile in futuro, se non attraverso delle sanatorie che possono essere molto più costose dei 4/500 euro che oggi servono in media per l’accastamento fatto da professionisti qualificati”.