Uno spettro si aggira per l’Europa: le identità regionali. Contrariamente a quanto aveva vaticinato quasi cento anni fa Max Weber - che immaginava la sostanziale scomparsa, sul vecchio continente, dei vincoli basati sull’identità linguistica e culturale - stiamo assistendo al risorgere di questioni identitarie e locali che i più davano per risolte o superate. A tale fenomeno, se ne sommano altri due, con esso correlati: l’inarrestabile spinta alla globalizzazione, con relative crisi finanziarie e umanitarie, e il risveglio degli istinti centripeti degli Stati nazionali, con annessi movimenti sovranisti e antieuropeisti.
Il caso più eclatante è senz’altro quello della Catalogna che, perlomeno da quindici anni, chiede allo Stato spagnolo apiù poteri e, all’ennesimo rifiuto, ha deciso di imboccare la strada unilaterale della dichiarazione di indipendenza. Ma molte altre sono le nazionalità o regioni che vivono un rapporto difficile con i propri Stati di riferimento o che stanno premendo l’acceleratore sul decentramento e l’autonomia.
Anche nella accentratissima Francia le identità storiche, sebbene indebolite, stanno rialzando la testa. È il caso degli occitani che, in seguito alla riforma territoriale del 2014, hanno ottenuto l’istituzione della Regione dell’Occitania. Un atto parziale e solo simbolico, certo, ma che ha il suo valore. Recentemente anche la Corsica ha visto il riconoscimento di un’unica Comunità regionale sul proprio territorio e, soprattutto, ha registrato un clamoroso successo dei nazionalisti alle elezioni del 2015, che per la prima volta ha portato gli indipendentisti al governo dell’isola.
Queste sono solo alcune delle zone europee più calde sotto il profilo identitario. Molte altre, meno conosciute, vivono quello che potremmo definire un nuovo revival identitario, dopo quello degli Anni ’60. Non tutte queste realtà aspirano a forme di indipendentismo, ma moltissime stanno riscoprendo l’autonomismo e il principio di sussidiarietà come modus operandi per garantire, assieme, gli interessi locali e una governo più efficiente del territorio.
Alla fin fine, si tratta del vecchio sogno dell’Europa dei popoli: forse l’ultima àncora di salvezza per garantire un futuro anche alle istituzioni europee.