A che punto siamo con il potenziamento della linea ferroviaria Venezia-Trieste? A voler fare il raffronto con la velocità con la quale avanzano i cantieri per la terza corsia dell’autostrada verrebbe da dire che siamo sul binario morto, perché dopo l’abbandono del progetto faraonico da quasi 7 miliardi di euro, proposto all’inizio del nuovo millennio, siamo ancora in fase di redazione dell’elaborato preliminare, del quale per altro nessuno sa nulla.
La vicenda di questa linea ferroviaria è emblematica di come è stata gestita la politica dei trasporti nel nostro Paese negli ultimi 50 anni, la stessa che ha causato o peggio favorito il progressivo spostamento del trasporto delle merci dalla rotaia alla gomma. La linea ha evidenziato a partire dagli Anni ’80 grossi limiti, ben conosciuti anche da chi volle a tutti i costi la costruzione del polo intermodale di Cervignano, rimasto di conseguenza sottoutilizzato. Limiti chiaramente strutturali, primo fra tutti il nodo di Latisana dove il percorso curva repentinamente verso nord per poi riprendere la direzione verso est alla volta di San Giorgio di Nogaro, Monfalcone e infine Trieste.
Il primo elaborato faraonico, definito tracciato balneare, viene accantonato nel 2014
Ebbene, per superarli, fu proposto un progetto per la realizzazione di una nuova ferrovia ad alta capacità-alta velocità che avrebbe certamente potenziato il trasporto su rotaia a tutto discapito però del territorio, messo a ferro e fuoco da un’opera ciclopica, sia nella Bassa friulana dove erano previsti lunghi tratti in rilevato, sia sul Carso, area notoriamente molto delicata dal punto di vista ambientale. Inoltre, per il contribuente si sarebbe trattato di un salasso dato che si parlava nel 2010 di circa 6,7 miliardi di euro (spesa prevista per le sole opere in Fvg) per realizzare un tracciato da Venezia e fino al confine sloveno nell’ambito del Corridoio 5. Non appena il progetto preliminare fu reso noto presero forza le obiezioni di chi riteneva insostenibile il progetto, tanto più che la linea esistente era largamente sottoutilizzata, in particolare per quanto concerne il trasporto merci nonostante toccasse ben tre aree portuali.
La regione opta per la soluzione a basso impatto ambientale ed economico
Si arriva al 2014, fra proteste sul territorio al calor bianco e dichiarazioni politiche altisonanti sul fatto che si trattasse di un’opera strategica. Le Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia decidono saggiamente che quel progetto – definito balneare perché prevedeva di costruire la nuova linea lungo la costa, poco più a sud del tracciato esistente – andava rivisto e reso meno impattante, anche in termini di costi. Meglio risolvere i nodi di Latisana e Monfalcone e potenziare la linea storica. Secondo quanto dichiarato in un’intervista nel 2015 dall’amministratore delegato di Rfi (Rete ferroviaria italiana) Maurizio Gentile, entro il 2016 sarebbe stato completato il progetto preliminare e all’incirca entro la fine del 2017 il progetto definitivo, inclusi 4-5 mesi per la conferenza dei servizi con gli enti locali.
In tutto, secondo Gentile, servivano all’incirca tre anni per completare le attività preparatorie, ai quali aggiungere poi un anno per redigere il progetto definitivo e altri cinque anni per eseguire i lavori.
In forte ritardo sulla tabella di marcia indicata nel 2015
Siamo tuttavia arrivati al 2018 e del progetto preliminare, almeno per ora, non c’è alcuna traccia, mentre i contatti con il territorio per definire i dettagli più importanti sono ancora in fase esplorativa. Non dovrebbe essere però una questione di carenza di soldi perché i fondi, pari a 1,8 milioni di euro sono a disposizione da tempo. Stando così le cose, a meno che non si assista a un’improvvisa accelerazione delle procedure, i primi interventi potrebbero iniziare non prima del 2020 per concludersi entro il 2025, date sulle quali è bene essere quanto meno cauti vista la complessità dell’intervento. Insomma, almeno per il momento, la velocizzazione della Venezia-Trieste procede decisamente a rilento.
Un progetto sul binario morto
Se tutto andrà bene, ci teniamo l’attuale linea ben oltre il 2025
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