La rappresentazione e il significato della figura femminile negli ultimi 40 mila anni sono al centro di una mostra unica sotto diversi aspetti, allestita fino all’11 febbraio 2018 al Museo archeologico del Castello di Udine. La tematica di ‘Donne, madri, dee: linguaggi e metafore universali nell’arte preistorica’ è affascinante di per sé, sia per esperti che per ‘profani’. La mostra assume poi una rilevanza anche scientifica, visto che per la prima volta si raccolgono esempi rari della produzione figurativa antica del Centro Europa e dei Balcani, attinenti per tematica.
Gorizia invece si concentra sui ritratti femminili d’autore in quattro secoli di storia
Al centro della mostra: una serie di produzioni figurative, rappresentazioni della dea della fertilità, simbolo archetipico “del carattere elementare, soccorrevole, protettivo”, esposte in un percorso che si sviluppa in modo multisensoriale, a partire dalle prime produzioni figurative femminili. La mostra si apre con uno degli oggetti più rappresentativi del Paleolitico italiano, la cosiddetta Venere di Savignano, conservata al Museo nazionale preistorico etnografico di Roma. Un reperto unico per riflettere sulla figura femminile rappresentata dai primi cacciatori-raccoglitori (tra 40 mila e 10 mila anni fa!), attraverso i diversi schemi formali e i significati di un repertorio che raccoglie meno di 100 esemplari tra Europa e aree contermini.
La parte più significativa è rappresentata dal nucleo neolitico di questi reperti, provenienti da numerosi musei italiani e internazionali. Esposto in ordine cronologico e territoriale, il gruppo di statuine neolitiche mostra come l’esperienza centro-europea, rappresentata da reperti di Italia, Slovenia, Croazia e Polonia, non possa essere compresa se non affrontando i prodotti del mondo balcanico, dove in questa fase cronologica della storia, caratterizzata da trasformazioni economico-sociali di importanza epocale, le rappresentazioni figurative femminili sono numerosissime.
L’esposizione udinese giustifica inoltre il passaggio all’arte contemporanea con la continuità che negli ultimi 40 mila anni si osserva nei linguaggi figurativi adottati nella rappresentazione artistica della figura femminile. Una continuità che trova la sua ragion d’essere nei sistemi di percezione del nostro cervello, che dalla comparsa dell’Homo sapiens a oggi non hanno subito modifiche di rilievo.
Ispirata al passato, ma non così remoto, è anche un’esposizione visitabile fino a domenica 26 a Gorizia, a Palazzo Coronini Cronberg. ‘Donne allo specchio’ segue il lento mutare dell’immagine della donna in quattro secoli di storia, attraverso 40 opere riconducibili a grandi maestri come Marten van Meytens, il ritrattista di Maria Teresa, il russo Vladimir Borovikovskij, il veneto Antonio Zona o il viennese Alois Hans Schram, o da pittrici famose come Rosalba Carriera e Elisabeth Vigée-Lebrun, ma anche Nicoletta Coronini Cronberg, ultima discendente della nobile famiglia goriziana.
Anche in questo caso, al visitatore non viene proposta una semplice esposizione di opere d’arte, ma un percorso interattivo: un viaggio in un immaginario tutto al femminile alla scoperta della storia e del carattere di donne semplici o straordinarie che, in modo diverso, si adattarono a vivere i limiti e le opportunità offerti dal loro tempo.