Sono molti i Comuni del Friuli Venezia Giulia citati nel ricorso presentato dalla Commissione europea alla Corte di giustizia contro l’Italia per non aver rispettato la direttiva 271 del 1991,dedicata a raccolta, trattamento e scarico delle acque reflue urbane.
Le infrazioni contestate sono di varia gravità e riguardano agglomerati urbani con un numero di abitanti equivalenti superiore a 10 mila. E’ bene ricordare che l’elenco incluso nel ricorso non tiene conto del fatto che, per alcuni Comuni (per esempio Cividale e Latisana), è stata effettuata una nuova riparametrazioneche ha permesso di scendere al di sotto della fatidica soglia dei 10 mila abitanti equivalenti.
Liquami senza trattamento …
Varie località regionali sono presenti nella lista nera degli enti locali le cui acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie non risultano sottoposte, prima dello scarico, a un trattamento secondario o equivalente: Aviano capoluogo, Cormons, Gradisca d’Isonzo, Grado, Pordenone, Porcia, Roveredo, Cordenons e Sacile.
… e dove bisogna fare di più
Il ricorso, inoltre accusa lo Stato italiano di non aver preso le disposizioni necessarie per garantire negli agglomerati di Aviano capoluogo, Cividale del Friuli, Codroipo-Sedegliano-Flaibano, Cormons, Gradisca d’Isonzo, Grado, Latisana capoluogo, Pordenone, Porcia, Roveredo, Cordenons, Sacile, San Vito al Tagliamento e Udine, scaricanti in ‘aree sensibili’, le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento più spinto di un trattamento secondario o equivalente.
I ritardi per quanto concerne la depurazione delle acque in Friuli Venezia Giulia sono noti, al pari della montagna di soldi che sarebbe necessario spendere per rendere la depurazione efficiente, perché molti impianti e molte reti, risultano inadeguati. Servirebbero due miliardi di euro all’incirca per l’intera regione, ma la sola provincia udinese dovrebbe spenderne oltre la metà.
I problemi maggiori sono nella Bassa
I problemi ci sono, ma in questi anni sono stati fatti molti investimenti e vari cantieri sono in procinto di aprire. A confermarlo è Eddi Gomboso, presidente del Cafc. “Il caso di Udine credo sia emblematico. Ha superato la soglia del 95 per cento di utenti collegati alle fognature e i suoi impianti sono stati messi in grado di accogliere ulteriori 40 mila utenze equivalenti.
Gli investimenti previsti sono molti in tutta la provincia e superano i cinque milioni di euro. Nel capoluogo, oltre al completamento delle reti nella zona di Paparotti, sono previsti lavori anche in via Baldasseria. Il nostro fronte più scoperto resta quello della Bassa friulana, nel tratto Rivignano-Latisana e Latisana-Ronchi, oltre all’agglomerato di Cervignano, dove le reti fognarie sono in gran parte insufficienti o addirittura assenti”.
Solo a Pordenone servirebbero cento milioni
Tra i problemi che maggiormente contribuiscono all’inefficienza dei sistemi di depurazione c’è la mancanza di collettori separati per acque piovane e acque reflue: quando piove troppo (davvero spesso) molti impianti non riescono a funzionare e nei fiumi a valle finiscono anche i reflui.
E’ il caso di Porednone che deve anche fare i conti con il problema delle acque parassite: “Le nostre reti fognarie – spiega Nicola Conficoni, assessore all’Ambiente di Pordenone – trasportano anche le acque bianche e abbiamo anche il problema delle acque parassite che provocano un’ulteriore diluizione del carico destinato ai depuratori.
Quando piove molto gli impianti semplicemente non riescono a trattare il maggiore afflusso di acque e il refluo finisce in fiume. E’ un problema che affrontano anche molti altrui centri urbani della nostra regione. Se dovessimo riconvertire la nostra rete ci servirebbero cento milioni di euro, cifra insostenibile e almeno 30 anni di lavoro. Per questo motivo abbiamo presentato alla Regione, tramite la società Idrogea un progetto del costo di circa tre milioni di euro che ci permetterà di distribuire meglio il carico tra i nostri due impianti di depurazione ampliando al contempo quello di via Savio”.