Friuli – Venezia Giulia o Friuli Venezia Giulia? Ovvero, tra Friuli e Venezia Giulia il trattino ci va o no? Tale dilemma può essere paragonato al paradosso elaborato dal fisico austriaco Erwin Schrödinger. In termini estremamente semplificati, il paradosso è questo: mettiamo un gatto dentro una scatola e, fino a quando non apriremo il contenitore, il felino sarà contemporaneamente vivo e morto.
Il caso del nome della nostra Regione si spinge addirittura oltre: anche aprendo la scatola, il gatto – nel nostro caso, il trattino – è vivo e morto allo stesso tempo. Un vero e proprio mistero da risolvere. Per farlo, cominciamo ad aprire le ‘scatole’ a nostra disposizione (ne abbiamo davvero molte) e vediamo cosa c’è dentro. Partiamo dalla più importante, ovvero dalla Costituzione italiana (ci riferiamo all’ultima versione pubblicata dalla Corte costituzionale). Dopo le modifiche al Titolo V del 2001, all’articolo 116 della Carta costituzionale del nostro Paese il gatto è morto, ovvero il trattino non c’è più. Tuttavia, basta girare qualche pagina, fino ad arrivare all’articolo 131, e l’animale rinasce dalle proprie ceneri (o meglio, non è mai morto): il trattino è vivo e lotta con noi.
Le cose non cambiano se sfogliamo lo Statuto regionale. Nella copertina dell’ultima versione coordinata, pubblicata meno di un anno fa, del trattino non c’è nemmeno l’ombra. Per ritrovarlo è sufficiente, però, fermarsi all’articolo 1, dove s’impone. E, continuando, il gattino fa capolino anche agli articoli 32, 49 e 65. Forse possiamo trovare la soluzione nelle note esplicative al testo. Purtroppo, per quanto riguarda il trattino, le note non esplicano un bel niente. Anzi, fanno ancora più confusione. In tutto ciò che riguarda i riferimenti prima del 2001, il trattino c’è. In quelli successivi, dipende: se sono citate leggi regionali, il trattino non esiste, mentre se le leggi sono nazionali, il trattino rispunta. Insomma, per la Regione il gatto è morto, per lo Stato è – almeno in parte – vivo e vegeto. Tant’è che nel sito Internet della Regione il trattino non ha più diritto di cittadinanza, mentre trova asilo (politico?) in quelli di Camera e Senato, ma non nelle pagine di alcuni ministeri. Infine, c’è chi cerca di tagliare la testa al toro, come il sito della Regione Trentino – Alto Adige (qui, sì, il trattino ci va eccome): in un documento che riporta il nostro Statuto, tra Friuli e Venezia Giulia si trova un punto, tanto per non far torto a nessuno.
da Quindici anni: La prima assenza del trattino nel bur del 6 febbraio 2002
Ma come scompare questo benedetto trattino, fortemente voluto da Tiziano Tessitori all’inizio della storia repubblicana? Alcune fonti dicono che si tratti di una svista del compilatore della riforma costituzionale del 2001, che semplicemente si dimenticò di batterlo a tastiera. Altri, invece, fanno risalire la cosa alla giunta retta da Riccardo Illy e alla volontà di trovare un’unità regionale al di là del trattino (da qui il nuovo termine ‘friulgiuliani’ coniato in quegli anni). Se la prima ipotesi può essere verosimile, la seconda non è corretta. Guardando i Bollettini ufficiali regionali, infatti, il trattino scompare per la prima volta nel numero 6 del 6 febbraio 2002 (Illy sarà eletto solo a giugno 2003), dove il nostro gattino viene esiliato persino dal frontespizio, salvo poi ricomparire nel numero successivo nell’intestazione (sarà definitivamente mandato in pensione il 14 settembre 2005), ma non nei testi. Insomma, il mistero resta fitto.
Alla fine, è così importante sapere se il trattino ci va o no? Di primo acchito, si potrà pensare che, in fondo, un segno grafico conta poco o nulla, è vuoto formalismo. Ma se si vuole ragionare sul riordino della Regione, quel trattino (o, meglio, la cesura che rappresenta) assume un certo rilievo. In sua assenza, si può considerare il Fvg un tutt’uno e, quindi, si può ‘giocare’ sui confini territoriali (per esempio, costruendo collegi elettorali per la Camera che dividono il Friuli, portandone parte nell’orbita triestina). In caso contrario, l’ipotesi avanzata da molti di realizzare qui due Province autonome sul modello di Trento e Bolzano può apparire naturale.
Insomma, più che una questione di lana caprina, quel trattino nasconde – sia con la sua presenza, sia con la sua assenza – una visione della nostra terra.
Un nome con due significati: uno ‘friulano’ e uno ‘triestino’
Il trattino di cui stiamo parlando separa (o, con la sua assenza, unisce) due entità. La prima è il Friuli, e diamo per scontato che il lettore sappia di cosa si tratti. L’altra, la Venezia Giulia, è un po’ più vaga. Il termine fu coniato nel 1863 dal glottologo goriziano e fondatore della Società Filologica Friulana Graziadio Isaia Ascoli, che lo propose in alternativa a Litorale Austriaco (Österreichisches Küstenland) utilizzato nell’Impero asburgico per individuare la regione composta dalla città di Trieste e il suo territorio, dalla Contea principesca di Gorizia e Gradisca e dal Margraviato d’Istria. La regione non aveva bandiera propria, ma una per ogni componente.
Tra le due Guerre, Venezia Giulia significò sia tutti i territori a Est del Veneto annessi all’Italia, sia anche il Friuli. Quest’aultima accezione fu poposta (e approvata) nel 1921 al VIII Congresso geografico italiano da Olinto Marinelli, figlio di Giovanni. Tuttavia, Istituto di Statistica e Treccani lasciarono sempre la Provincia del Friuli fuori dalla Venezia Giulia. Il nome fu utilizzato ufficialmente dopo la Seconda guerra mondiale, quando nel 1947 fu accolta la proposta di Tiziano Tessitori di chiamare la Regione Friuli-Venezia Giulia (della Venezia Giulia di Ascoli restavano solo Monfalcone e Gorizia) in alternativa alla proposta del triestino Fausto Pecorari di chiamarla Regione giulio-friulana e Zara. Solo successivamente, con il trattato di Osimo, vi entrò a far parte anche il territorio di Trieste assegnato all’Italia.
Da qui le differenze di significato che ‘Venezia Giulia’ può ancora oggi possedere: una ‘friulana’, che considera tale tutto ciò che non fa parte del Friuli storico, ovvero l’ex provincia di Trieste, una ‘triestina’ che vi comprende anche Gorizia e Monfalcone.