Non c’è innovazione senza ricerca. Ed è per questo che imprenditori e scienziati devono parlarsi, confrontarsi e condividere. Trieste Città Europea della Scienza, cioè Esof 2020, vuole essere un evento in cui realizzare tutto questo, anche se il presidente del comitato organizzatore, Stefano Fantoni, già alla guida della Sissa, pensa già oltre: trasformare l’appuntamento in un luogo fisico duraturo, una sorta di Aspen Institute nel cuore dell’Europa in cui la nostra regione svolga un ruolo di cerniera con l’area balcanica. E per fare tutto questo anche l’entroterra imprenditoriale friulano può svolgere un ruolo da protagonista.
L’evento di Trieste ha una mission in più, quale?
“L’Esof triestino dovrà assicurare una partecipazione significativa dei Paesi del Centro-Est Europa in linea con la strategia di prosecuzione del cosiddetto processo di Berlino, l’iniziativa diplomatica legata all’allargamento dell’Unione europea ai Balcani occidentali, fortemente promossa dal cancellierato tedesco di Angela Merkel. Già da diversi mesi ci stiamo muovendo per allargare l’interesse nei confronti di Esof al di là di Trieste, a partire dal Triveneto e fino all’Europa centro-orientale. Vogliamo un reale coinvolgimento da parte di queste regioni nell’organizzazione dell’intero percorso che in due anni ci porterà alla settimana conclusiva di Esof nel luglio 2020”.
Qual è il significato del motto da voi scelto?
“Il nostro motto ‘Freedom for science, science for freedom’ vuole significare, da una parte, una scienza priva di pregiudizi e priva di limiti nell’esplorazione della conoscenza, anche se non priva di doveri, doveri intrinseci alla scienza stessa quali la riproducibilità dei risultati, la loro piena accessibilità e anche doveri verso la società; dall’altra parte, il motto indica la tensione verso una scienza inclusiva, portatrice di pace, di un linguaggio universale che tutti possono e devono palare nello spirito di un futuro migliore. Trieste in questo si è spesa molto, come è evidenziato dalla presenza sul territorio dei diversi enti internazionali che lavorano nella direzione della Science diplomacy, primo fra tutti il Centro internazionale di fisica teorica ‘Abdus Salam’ (Ictp)”.
Come percepisce oggi il rapporto tra società, in generale, e mondo della ricerca?
“La scienza oggi parla molto di più alla società di quanto non avvenisse in passato. La sua autoreferenzialità, che è stato un punto di forza per il suo travolgente sviluppo, è molto diminuita. L’altrettanto travolgente sviluppo della tecnologia ha avuto un enorme impatto nella società che richiede sempre maggiori risultati in termini di processi e prodotti innovativi. La scienza ascolta abbastanza ma non sufficientemente questi richiami. L’Esof triestino porrà questa riflessione sul palcoscenico europeo, mettendo l’accento sul fatto che la ricerca scientifica è l’anima dell’innovazione e che quindi è diventato imprescindibile un dialogo stretto tra scienziati e imprenditori, soprattutto giovani imprenditori”.
Quali sono i limiti del mondo della ricerca nel confrontarsi con le altre componenti della società, a partire da quella concentrata sulla produzione?
“Non vedo limiti, ma piuttosto vedo la necessità di metter a fuoco una strategia che potremmo definire science to business. Da una parte la scienza deve difendere alcune sue prerogative che la rendono un modo specifico e forse unico di produrre conoscenza, in grado di resistere a pregiudizi e ideologie, come è sottolineato nella prima parte del nostro motto. La curiosità, motore profondo del pensiero e della pratica scientifica, non si deve fermare di fronte agli ostacoli, anche quelli apparentemente insormontabili: questo è avvenuto nel passato e deve continuare ad avvenire in futuro. D’altra parte la scienza deve sempre di più guardare ai bisogni della società, pensare maggiormente ai contesti concreti, al fatto che non basta sapere, ma bisogna anche ‘saper fare’. Il sempre maggiore interesse alla interdisciplinarità, alla complessità, allo sviluppo sostenibile sono forti segnali in questa direzione”.
Per il Friuli-Venezia Giulia Esof2020 Trieste che opportunità può dare?
“Diventando anello di congiunzione con i Paesi del Centro-Est Europa, Esof 2020 Trieste offre al nostro territorio la possibilità di una ripartenza verso la riaffermazione della centralità culturale e scientifica che merita. Può essere l’occasione per definire e stabilizzare una dimensione europea di Trieste come polo di innovazione, con possibili conseguenze sul versante turistico. Senza parlare poi dello sviluppo del Porto Vecchio, che potrebbe avere una spinta formidabile da Esof 2020”.
Come intendete coinvolgere l’entroterra imprenditoriale e industriale friulano?
“L’entroterra imprenditoriale e industriale della regione è già stato chiamato in fase di progettazione alla candidatura ed è stato ulteriormente coinvolto nelle attività di pro-Esof, il programma che abbiamo ideato specificamente per coinvolgere da qui al 2020 vari interlocutori, nell’ambito di Trieste encounters on science and innovation (Tes), uno strumento operativo messo a punto per promuovere pro-Esof. Il loro coinvolgimento sarà sempre maggiore. È impensabile ad esempio che le realtà regionali non abbiano stand in Esof 2020 Trieste. Ma la loro partecipazione non si fermerà a questo. Chiederemo loro di essere attori protagonisti nella costruzione del polo ad alta innovazione a cui stiamo puntando e nella strategia di sensibilizzazione verso i Paesi del Centro-Est Europa. Ci auspichiamo che Tesi rimanga anche dopo il 2020 e diventi un istituto vero e proprio alla stregua di realtà internazionali come l’Aspen Institute o il Santa Barbara Institute negli Stati Uniti. Vorremmo porre le basi per una realtà dove scienziati e imprenditori dialogano tra loro di innovazione e futuro”.
E cosa potrebbe ricevere il sistema economico regionale da questo evento?
“Le ricadute economiche possono essere considerevoli se non lasceremo a Esof solo la valenza di un grande festival della scienza ma perseguiremo gli obiettivi prima accennati. Vale a dire la costruzione e il consolidamento di una piattaforma di innovazione rivolta in primis a un territorio allargato ai paesi confinanti. Da essa possono nascere imprese ad alto tasso innovativo per dare forma a una sorta di Trieste Valley dell’innovazione. Realizzazione, poi, di un grande Science Museum, precisamente il North Adriatic Science and Tecnology Museum, che potrebbe caratterizzare, assieme alle altre realtà divulgative ed espositive del territorio, quella valenza di turismo culturale e scientifico con un grande impatto sulla economia della regione. Inoltre, intende promuovere lo sviluppo del Porto Vecchio anche attraverso le iniziative legate a Esof 2020, che può costituire un volano straordinario”.
Che messaggio deve arrivare ai normali cittadini di questa regione?
“Il messaggio ai cittadini è molto semplice: senza la loro partecipazione e costante spinta verso il 2020, l’evento non potrà raggiungere il livello che Trieste si merita. Per il momento essi sono stati meravigliosi. Il loro interesse è stato fantastico. Hanno confermato l’attitudine alla curiosità di una città come Trieste che non si meraviglia di nulla e che desidera vedere sempre cose nuove. Hanno mostrato che eleggere il capoluogo giuliano a Città Europea della Scienza è stata una scelta giusta. Continuiamo così verso il 2020 e oltre. Ai cittadini ribadisco il seguente invito: dateci idee, ne abbiamo bisogno, le ascolteremo”.