In pochi anni la produzione di Prosecco Doc, la denominazione interregionale che unisce Veneto e Friuli-Venezia Giulia, è passata da 140 milioni a 460 milioni di bottiglie. Una crescita spumeggiante per non dire esplosiva, ma il presidente del consorzio, Stefano Zanette, assicura che non si tratta affatto di una bolla speculativa. Zanette, che è anche presidente della Cantina sociale Conegliano-Vittorio Veneto, da sette anni guida la Denominazione più importante d’Italia per volumi e valori. E per il 2019 annuncia un’importante novità.
Come si è chiusa l’annata commerciale del Prosecco?
“Con la fine dell’anno all’orizzonte possiamo dirci soddisfatti: i risultati dei primi dieci mesi sono in linea con le nostre aspettative e con gli studi in nostro possesso. Oltretutto, analizzando quanto si è verificato nel corso del 2018, possiamo confermare con soddisfazione un aumento globale pari al 5% in volume e un incoraggiante 10% in termini di valore aggiunto. Entro Capodanno si stima verranno stappate 460 milioni di bottiglie di bollicine Doc, per un valore che sfiora i 2,2 miliardi di euro al consumo”.
All’estero il Prosecco è vittima di agropirateria?
“Come tutti i prodotti di successo a livello mondiale, anche il Prosecco è vittima di numerosi e crescenti tentativi di contraffazione. L’utilizzo improprio della nostra denominazione e i tentativi di emulazione sono sempre più ricorrenti ma i risultati che stiamo riscontrando, grazie anche alla collaborazione con le istituzioni e le Forze dell’Ordine, sono molto positivi e incoraggianti.
Stiamo lavorando bene su questo fronte con enti come il Ministero dell’Agricoltura, Nac, Icqrf, l’Agenzia internazionale delle Dogane, l’Europol, l’Interpol. Recentemente abbiamo siglato anche accordi con altri consorzi come quello della mozzarella di bufala campana e la Doc Sicilia per intensificare i controlli”.
Per chi paventa rischi di una bolla della domanda, cosa risponde?
“Bolla!? Le uniche bolle che conosciamo, anzi, bollicine, sono quelle che rendono il nostro vino così buono.
Il Prosecco sta dimostrando da tempo di essere un prodotto meritevole dell’ampia approvazione da parte dei mercati internazionali. Gli strumenti di governance presto adottati dal Consorzio nella gestione della crescita della Doc, tumultuosa fin dai primissimi anni, hanno consentito uno sviluppo ‘controllato’ della denominazione che in pochi anni è passata dai circa 140 milioni del debutto agli attuali 460 milioni di bottiglie.
Detto questo, a chi mi chiede se il successo del Prosecco possa essere letto come una possibile bolla pronta a scoppiare, rispondo che certi rischi fanno parte del mestiere e spesso sono legati a politiche indipendenti dal mondo della produzione. Basti pensare alla Brexit, o alla politica protezionistica paventata da Trump negli States, che andrebbero a influenzare qualsiasi prodotto, anche quello dei competitor. E pertanto, proprio per questo motivo, non ci creano eccessive preoccupazioni. Tutte le nostre attenzioni sono piuttosto indirizzate a rendere, giorno dopo giorno, il Prosecco Doc sempre più conosciuto come prodotto e come territorio”.
Ci parli della versione Rosé? Quando e come sarà prodotta e quali obbiettivi si da?
“La versione Rosé è un progetto al quale stiamo lavorando da tempo, alternando fasi di studio e sperimentazione. Se tutto procederà come da programma, potremmo essere già pronti per la vendemmia del 2019 o al più tardi usciremo nel 2020. Andremo avanti con prove e sperimentazioni fino a quando non saremo pienamente soddisfatti”.
Nel mercato delle bollicine, come valuta l’idea maturata in Friuli di puntare sulla Ribolla gialla spumantizzata?
“Non reputo negativa l’idea di spumantizzare la Ribolla gialla: spazio sul mercato c’è n’è e diversificare le produzioni per valorizzare il proprio territorio, potrebbe rivelarsi una buona. Auspicando che l’operazione venga condotta in maniera corretta, anche in termini di comunicazione, auguriamo a questo vino il successo che merita”.