Continua a far discutere la sentenza di assoluzione per non imputabilità, per incapacità d’intendere e volere, pronunciata dalla Corte di Assise nei confronti di Alejandro Augusto Stephan Meran, a processo per l’uccisione dei due ‘figli delle stelle’, gli agenti Matteo Demenego e Pierluigi Rotta durante la sparatoria in Questura a Trieste del 4 ottobre 2019.
“La scarcerazione di Meran non avverrà. Chiederemo al Ministero che ci designi la Rems adeguata a contenere la sua pericolosità sociale e, nel frattempo, chiederemo al direttore del carcere di Verona Montorio di trattenerlo. Non sono sicurissimo che sia la soluzione oggettivamente correttissima, ma è quella che il buon senso mi suggerisce. Non possiamo lasciar fuori un uomo perché deve essere messo in una struttura contenitiva come dice il perito”. Lo ha precisato il procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo.
“Per uscire dal carcere”, ha ricordato De Nicolo, “serve l’autorizzazione del direttore, che deve rivolgersi alla Procura. C’è un disagio oggettivo nel dire di chiudere il processo in questo modo – ha ribadito commentando la sentenza – noi viviamo a contatto con la Polizia, noi giorno per giorno li sproniamo, li strigliamo, c’è una simbiosi giornaliera. Però le leggi del processo sono queste, dobbiamo accettare serenamente che se la scienza ci dice questo evidentemente questa è la verità processuale. E’ una tragedia, ma la conclusione di diritto della non imputabilità è questa. Non ci sono alternative”.
“Proporremo un’istanza al Procuratore generale presso la Corte d’appello affinché, esercitando i poteri riconosciuti dall’art 593 bis del Codice di procedura penale, proceda lui ad appellare la sentenza di assoluzione a carico di Meran, poiché è ovvio che la Procura, che ha chiesto l’assoluzione, non proporrà sicuramente appello alla sentenza”. E’ quanto hanno annunciato gli avvocati Valter Biscotti e Ilaria Pignattini, difensori di parte civile in rappresentanza dell’associazione Fervicredo – Feriti e Vittime della criminalità e del Dovere dopo la sentenza.
“Alejandro Augusto Stephan Meran è incapace di intendere e volere? Allora chi altri ha responsabilità delle tragiche e assurde morti di Matteo Demenego e Pierluigi Rotta? Perché lui era in giro libero di fare del male, senza controllo, senza cure? A questo deve rispondere un sistema veramente civile ed evoluto e, soprattutto, un sistema che voglia dimostrare con i fatti di avere a cuore le sorti dei suoi più fedeli Servitori. L’esito del processo è una sconfitta totale per tutti. A cominciare dalle Famiglie di questi giovani esemplari che hanno amato il Dovere che li ha portati a morire. Famiglie che non troveranno mai pace perché non hanno trovato risposte certe, chiare, concordanti. Perizie contrastanti, un’accusa che si è detta ‘dolente’ per aver chiesto un’assoluzione, un sistema sotto accusa, ma per queste morti chi risponderà? Nessuno”. E’ grande lo sdegno dell’Associazione Fervicredo, che ha partecipato al processo in qualità di parte civile.
Il presidente, Mirko Schio, ha rimarcato l’amarezza propria e dell’intera Associazione “perché Matteo e Pierluigi, due Servitori dello Stato ammazzati senza pietà mentre facevano il proprio lavoro, rappresentano tutte le Vittime del Dovere, e come purtroppo molte altre Vittime, sembra che siano stati messi in secondo piano. E, invece, sono le Vittime che devono essere messe al primo posto – conclude Schio -. Le Famiglie meritano più rispetto. Il sistema deve essere coerente e assumersi le proprie responsabilità. Non si può pensare di mandare chi fa sicurezza per le strade e negli uffici e poi quel che accade accade, e tutti se ne lavano le mani. Meran era pericoloso? Allora doveva essere ricoverato prima di ammazzare due poliziotti. Non lo era abbastanza perché le istituzioni se ne curassero? Allora doveva rispondere di queste morti in prima persona. Qualunque altra risposta sarebbe stata accettabile, ma non quella giunta oggi al termine di questo processo”.