Nicolás Maduro, al potere dal 2013 quando successe a Hugo Chavez, lo scorso 10 gennaio si è insediato per il suo secondo mandato presidenziale in Venezuela. Doveva giurare da presidente davanti all’Asamblea Nacional, l’equivalente del nostro Parlamento, dove, però, “la sua maggioranza è all’opposizione e, quindi, si è rifiutata di permettere che il giuramento avvenisse, ritenendo le elezioni appena svolte irregolari”, come ci spiega un corregionale che da anni vive a Caracas, ma preferisce mantenere l’anonimato per ragioni di sicurezza.
Maduro ha quindi giurato davanti al Tribunal Supremo de Justicia, che esercita il potere giudiziario ed è “a sua volta è un organo illegittimo – continua Erik, nome di fantasia -, perché non nominato dall’Asamblea nacional e con rappresentanti legati allo stesso Maduro. Potremmo, quindi, affermare che non ha giurato realmente davanti a nessun organo legittimato a riconfermarlo alla presidenza. E in assenza di un presidente riconosciuto dalla Costituzione – continua la nostra fonte – deve essere il capo dell’Asamblea ad assumere la carica”.
Quel presidente ha un nome, Juan Guaidò, e ieri è stato proclamato Capo dello Stato, riconosciuto subito dall’omologo statunitense Donald Trump e da molti capi di Stato di altri Paesi.
“Entro 30 giorni dalla nomina, la Costituzione prevede che si vada a nuove elezioni. E qui sorge un problema – racconta Erik -. El poder electoral, messo in discussione anche dalla comunità Internazionale, è in mano al governo di Maduro ed è proprio l’istituto che si occupa dell’organizzazione delle elezioni. Lo stesso messo in discussione quindi dall’Asamblea nacional che ha denunciato irregolarità alle scorse elezioni che hanno nuovamente visto trionfare Maduro”.
A Caracas in questi giorni in tanti sono scesi in piazza per manifestare contro Maduro e applaudire alla nomina di Guaidò. Secondo i numeri diffusi dall’Ong Observatorio Venezolano de Conflictos Sociales y de Provea su Twitter le proteste sono finite nel sangue e la conta dei morti è salita a 14 persone.
Chiediamo a Erik come si vive per le strade del Venezuela, che cosa sta accadendo e quali sono i timori del popolo venezuelano. “C’è un clima di grande incertezza. Non sappiamo cosa succederà perché abbiamo due presidenti, Maduro e Guaidò. Il vero colpo di Stato messo a segno è quello di Maduro, che non è stato riconosciuto come presidente da un organo costituente e non ha rispettato la Costituzione. Chi oggi parla di colpo di Stato di afferma un concetto forte, fuorviante e di parte”.
“Ieri ci sono stati sconti con le Forze dell’ordine. Alcuni temono che la situazione possa portare alla guerra civile, ma personalmente non credo che ciò avverrà, almeno non fino a quando non entreranno in gioco gli eserciti di Paesi stranieri. Le Forze armate sono comunque legate a Maduro, almeno le alte sfere, e sono tanti, troppi gli interessi di potenze straniere, in particolare Cina e Russia, nei confronti di un Paese di cui ormai sono state svendute tutte le ricchezze. Dubito che Usa e altri Paesi che riconoscono il nuovo presidente interverranno. Ieri i negozi sono rimasti chiusi, così come le scuole. La situazione generale è quella nota, con gente che vive di ciò che trova tra i rifiuti, un’inflazione alle stelle e uno stipendio minimo che consente di comperare appena due chili di carne. E’ difficile comperare e trovare le medicine, i negozi chiedono il pagamento in dollari, valuta estera di non facile accessibilità, fatta eccezione per il mercato nero”.
In regione ci sono timore e apprensione anche per i friulani come lei che vivono e lavorano in Venezuela. “In realtà sono pochi i friulani nati in Fvg e attualmente residenti in Venezuela. Si tratta perlopiù di persone e famiglie immigrate negli Anni ’50. Ci sono, quindi, connazionali iscritti all’Aire (l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, ndr), ma si parla più di discendenti di friulani. Come il resto della popolazione, provano incertezza e si trovano in difficoltà economica. La speranza di tutti è che la situazione migliori, ma per ora bisogna attendere“.