L’Italia e il Friuli Venezia Giulia cominciano a guardare al cementificio di Anhovo, nella Valle dell’Isonzo, in Slovenia. Prima con l’interrogazione del deputato Walter Rizzetto (FdI) al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, poi con Massimo Moretuzzo del Patto per l’Autonomia che ha presentato un’interrogazione a livello regionale.
Rizzetto intende sapere se il ministro “abbia accertato la pericolosità delle emissioni inquinanti provenienti dal cementificio Salonit di Anhovo in Slovenia”. Moretuzzo, dal canto suo, punta il dito verso Anhovo per la prevenzione di “effetti negativi sull’ambiente e sulla popolazione regionale. Lo stabilimento sloveno brucia 108mila tonnellate di rifiuti l’anno, tra cui 15 mila rifiuti pericolosi – prosegue Moretuzzo – un’autentica bomba ecologica. Di recente anche oltre 160 medici dell’Associazione medica della Slovenia hanno firmato un appello diretto alle istituzioni per chiedere più responsabilità nella gestione, evidenziando il legame tra l’incenerimento dei rifiuti e l’aumento di tumori e disturbi nella popolazione locale”.
“La salvaguardia della salute dei cittadini va tutelata sempre, anche per questioni ambientali che, per loro ampiezza, valicano i confini statali”, osserva Moretuzzo, che invita a non indugiare oltre, sollecitando la Regione ad acquisire dati chiari. In particolare, con l’interrogazione si chiede di sapere se “Arpa Fvg ha rilevato di recente il livello di inquinamento atmosferico anche a ridosso del confine e quali sono le azioni messe in campo, in collaborazione con la Repubblica di Slovenia, per salvaguardare l’ambiente e la salute dei cittadini anche nell’ambito dei programmi e attività di cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale”.
Il cementificio era stato aperto nel 1921 e ora è controllato a maggioranza da una proprietà austriaca (70%) e per circa il 25% da una quota italiana. “Siamo preoccupati per la nostra salute, per quella dei nostri figli e per l’ambiente” precisa una delle attiviste slovene, Mateja Sattler. “Siamo contenti, invece, per la petizione dei medici che, speriamo, possa dare un’ulteriore spinta”. L’associazione ‘EKO Anhovo in dolina Soče’ riunisce più di un centinaio di aderenti e da almeno sei anni è attiva sul territorio. “Siamo partiti in mille – spiegano – ma gli associati sono poco più di un centinaio”.
“A combattere siamo una ventina” precisa Branko, uno degli attivisti più agguerriti. “Io sono un malato di amianto, ormai da anni. Nella zona siamo in tanti – precisa e, indicando i presenti nella sala dell’associazione, rileva come “su dieci di noi, sette sono malati”.
Ad Anhovo il cementificio è una presenza storica e tuttora economicamente produttiva: ben 320 sono i camion che transitano sulla strada e arrivano all’interno dei cancelli della Salonit. Una storia che potrà avere un risvolto solo fra qualche settimana con la petizione dei medici sloveni che si chiuderà il 6 febbraio.