Estorsione aggravata dal metodo mafioso. E’ questa l’accusa che ha portato a sette arresti, eseguiti dalla Direzione investigativa antimafia di Trieste, con l’ausilio della Dia di Napoli, Milano, Padova e Bologna, e della Guardia di Finanza del capoluogo giuliano e di Portogruaro.
In manette sono fintite sette persone che devono rispondere di aver partecipato, a vario titolo, a estorsioni commesse in Croazia e pianificate in Italia ai danni d’imprenditori e professionisti, molti dei quali friulani e veneti, che operano a Pola. I delitti si sono consumati attraverso minacce e intimidazioni – con metodo mafioso – finalizzate a favorire gli interessi del noto quanto famigerato clan camorristico dei Casalesi.
Le ordinanze di custodia cautelare in carcere, ottenute dal presidente della sezione per le indagini preliminari Guido Patriarchi, seguono alle complesse indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica Carlo Mastelloni e dal Sostituto Procuratore della Dia di Trieste, Massimo De Bortoli, e vedono indagate complessivamente 13 persone.
Nel corso delle attività investigative sono emersi numerosi elementi che inducevano a ritenere che Fabio Gaiatto, il 48enne falso intermediario finanziario di Portogruaro (attualmente detenuto per truffa) avesse investito ingenti somme di denaro, circa 12 milioni di euro, appartenenti a consorterie criminali riconducibili ai Casalesi. L’indagine ha chiarito che Gaiatto aveva allestito un complesso sistema per investire illecitamente i capitali utilizzando diverse società con sede in Croazia, Slovenia e Gran Bretagna.
Le autorità croate, nei primi mesi del 2018, sulla base della denuncia presentata da un professionista croato e dalle istanze presentate da altri creditori, avevano pignorato i conti correnti delle società facenti capo a Gaiatto e disposto il loro blocco finanziario, impedendogli così di restituire quanto investito dal clan.
L’acuirsi del dissesto finanziario e le pressanti richieste dei sodali campani di rientrare in possesso delle ingenti somme impegnate, hanno portato a organizzare, nell’arco di poco tempo, varie estorsioni ai danni di professionisti, italiani e croati.
Gli affiliati ai clan camorristi in primo luogo hanno garantito a Gaiatto una sorta di protezione da eventuali attività ritorsive dei creditori, esasperati per il mancato rientro dei capitali investiti, assicurandogli un ‘servizio scorta’. Gli stessi, avvalendosi della forza intimidatrice mafiosa, avevano costretto le vittime a rinunciare agli ingenti crediti vantati nei confronti di Gaiatto, inducendole anche a cedergli beni mobili e immobili senza alcun corrispettivo e a fargli consistenti prestiti che poi avrebbero dovuto far confluire sul conto di società del faccendiere di Portoguraro.
Numerosi gli episodi estorsivi emersi, che non solo hanno evidenziato la determinazione a delinquere degli arrestati ma anche i consistenti interessi economici in gioco, pari a un giro di affari di decine di milioni di euro puntualmente ricostruito dagli uomini della Dia di Trieste.
Oltre a Gaiatto, già in carcere, in manette sono finiti Francesco Salvatore Paolo Iozzino, 56 anni, campano residente a Resana (Treviso), Gennaro Celentano e Mario Curtiello, di 34 e 36 anni, entrambi napoletani, già in carcere; Valter Borriello, 42 anni di Torre del Greco, Luciano Cardone, 37enne di Torre del Greco, domiciliato a Soliera (Modena) e Domenico Esposito, 45 anni, residente a Sant’Antimo (Napoli).
Decine sono le perquisizioni in corso nei confronti di altri soggetti, indagati a vario titolo, tra cui diversi personaggi che hanno aiutato Gaiatto.
Complessivamente sono stati impiegati 60 appartenenti alla Dia, 40 della Guardia di Finanza, oltre a militari dell’Ottavo Reggimento Genio Guastatori di Legnago (Verona); gli arresti e le perquisizioni hanno interessato i territori della provincia di Napoli, Milano, Modena, Treviso, Padova, Portogruaro, Udine e Trieste.